venerdì 30 luglio 2010

Callista ciclista


Lo confesso: tra me e la bicicletta è nato l’amore. Un amore puro, carnale, disinteressato: assolutamente non dettato dai tre maledetti chili che sto cercando di perdere da gennaio con risultati molto scarsi (condividere spesso le cene con Fidanzato, che è alto e magro e ha un metabolismo da far invidia nonché un appetito da trinciaforaggio è letale per la sottoscritta Callista; beate le insalatone anoressiche con Mafalda…).
Dunque che bici sia: complice la bella stagione e il fatto che non lavoro, sono andata a farmi rimettere a nuovo la mia bellissima e vecchissima bici bianca e fucsia (avevate dubbi sul colore?) e ieri l’ho finalmente ritirata. Primo percorso affrontato: casa genitori-casa Callisti, per un totale di circa 15 km tutti comodamente coperti da pista ciclabile (grazie caro governatore Dellai per aver fatto qualcosa di utile dopo le ottomila misteriose rotatorie, che spuntano dappertutto e saranno evidentemente segnali di amicizia per un’intelligenza superiore, tipo cerchi nel grano).
Inutile dire che il mio esordio ciclistico è stato salutato dalla pioggia: ho quindi atteso le 17, ora in cui finalmente il sole è spuntato, per partire con pedalata agile e ben distesa verso la mia meta.
Primo pensiero: cazzarola, dovevo iniziare prima a girare in bici. Ho ricevuto più fischi, saluti e complimenti in mezz’ora di pedalata che in tutta la mia vita. Ho immediatamente reso partecipe Mafalda della cosa: «Amica, dovevamo darci alla bici molto prima. Forse potevamo anche rimorchiare».
Risposta: «Con due polpacci da terzino, però». Ho dato un’occhiata preoccupata verso le mie estremità inferiori, ma ho ripreso a pedalare alacremente.
Arrivata in centro, decido di passare per piazza Duomo per fare un giretto attorno al Nettuno suonandogli festosamente il campanello. Firulììì, firulààà, passo abile davanti alla biblioteca centrale, faccio una curva, un cretino mi passa sulla sinistra, io stringo un po’ per non centrargli la ruota posteriore e…
SWISSSSHHH…
No, non è il rumore dei miei capelli al vento. Anche perché avevo la coda. Purtroppo trattasi del rumore della mia bici che scivola drammaticamente sui bolognini (o sampietrini che dir si voglia) bagnati.
Tempo due secondi e mi sono trovata a pelle d’orso in terra, nel pieno centro storico di Trento con turisti dappertutto e studenti in pausa fuori dalla biblioteca. Evviva.
Il cretino che mi ha tagliato la strada è tornato indietro al volo chiedendomi scusa. Nel frattempo io ero già saltata in piedi per la vergogna, coadiuvata da una signora che mi ha raccattato la borsa volata dal cestino e dal marito che mi tirava per un braccio.
M (marito): Signorina, sta bene?
CR (cretino): Oddio, scusa, non ti ho visto.
C (pensando «Certo, sono proprio piccola e magra, che non mi vedi, somaro»): Non mi sono fatta niente, grazie.
S (signora): Oddio, pensavo si fosse sentita male… Che spavento.
C (pensando «Dio, ti prego, fa’ che non mi sia pelata le ginocchia che devo prendere il sole e mi restano i segni della cicatrice e il sangue mi sporca i sandali bianchi nuovi»): No no,mi è scivolata la bici sul bagnato: ho stretto troppo la curva per evitare lui (guardando con astio il cretino mortificato).
CR: Oddio mi spiace: vuoi bere qualcosa?
C (pensando «Porco, pessimo modo per abbordare una donna»). No, grazie.
M (palpando il braccio di Callista): Si è rotta qualcosa?
C (pensando «Brutto menagramo, e poi non toccarmi» ma fingendo un sorriso rassicurante): No no, guardi, non ho neanche un graffio.


Il che è vero: complice il bolognino bagnato, ho fatto aquaplaning e non mi sono sbucciata nulla, se non un angolo di ginocchio causa pedale. In compenso, ho pulito il pavè di mezzo centro storico con la mia maglietta con la regina Grimilde, merito un riconoscimento.

C: Bene, grazie a tutti, io me ne vado, sono intera.
S: Non è che si sente male?
C («Tièèèèè»): Non si preoccupi, signora, grazie.

E me ne sono andata ripetendo tra me il mantra «Chefiguradimerdachefiguradimerdachefiguradimerda»).

Allontanatami di 500 metri mi sono dovuta fermare in preda alla ridarola. Ho riscritto a Mafalda: «Amica, la bici è bellissima. Sono caduta in piazza Duomo, ma a parte quello grandi numeri!».

Risposta di Mafalda: «Mi sono persa il tuo primo volo? Nooooooo, perchèèèèè???».

Non preoccuparti, amichetta mia: considerando il numero altissimo di turisti in giro con videocamere varie, conto di essere su Paperissima a settembre. E sono soddisfazioni.

lunedì 26 luglio 2010

Ode alle derelitte

Ringraziamo uno dei nostri lettori preferiti, che ci ha omaggiato con una preziosissima ode. Adesso anche noi non siamo da meno della Silvia leopardiana, della Ermione dannunziana, della Lesbia catulliana ecc. ecc. ecc., e possiamo montarci la testa. Ah ah ah.
Grazie, amico lettore, saremo sinceramente commosse, appena ci riprenderemo dalle risate.

Ode festante alle derelitte
Sembrano tonte, ma sono gran dritte
Vergano, austere, scritti preziosi
dai temi, ahimè, spesso pericolosi

Tralasceremo, con fare animale,
la dissertazione sul sesso orale
Non parleremo – suvvia un po' taci! -
dei mille e più tipi di baci

Lì c'è Callista con ricrescita bionda
usa gli slip come una fionda
Guarda dall'alto di solidi tacchi
quei poveri ometti, flaccidi sacchi

Eccola ora con fare aggraziato
fare la posta al bel Fidanzato
Lo conquistò con slanci di classe
ravanando inesausta le di lui parti basse

Ma ecco Mafalda che scuote i capelli
biondi, lucenti, di certo assai belli
Incede elegante avvolta in un manto
dritta decisa verso l'Incanto

Incanto che poi è proprio il suo uomo
di cose da dire ce ne sarebbe un tomo
Preso un biglietto con fare contento
eccola in volo verso il Salento

Ma anche se tutto fila via bene,
il cuore, le mente, il polmone e il rene
ci rivelano cose che non sono ancor scritte:
queste rimangono due derelitte!

martedì 20 luglio 2010

La pianta

In questi giorni di lontananza sono successe molte cose: alcune si preparano da un po', altre sono state fulmini a ciel sereno. Ma nonostante tutto, le derelitte sono sopravvissute. In attesa che Mafalda vi faccia avere sue notizie (posso confermare che sta benone, è solo stata un po' impegnata), ci penso io ad aggiornarvi sulle ultime vicende!
Tanto per cominciare, la Mafy ha cambiato casa. Quindi abbiamo dovuto traslocare. E fin qui tutto bene, direte voi. Certo, ma voi avete fatto i conti senza il tronchetto della felicità!

Tre anni fa, quando la Mafy si è trasferita, ha ricevuto in dono un tronchetto della felicità. Di fronte alle sue perplessità ("secondo te se lo mangio funziona meglio o basta che lo metta in soggiorno?") la pianta ha mostrato una tempra notevole: tant'è che è cresciuta a un'altezza inquietante di due metri abbondanti. E fin qua tutto bene.
Ma il problema si è presentato quando si è trattato di "traslocare" il vegetale.
Mafalda insisteva nel lasciare il mostro ai padroni di casa al piano di sotto (quelli che suonano la fisarmonica alle otto di mattina e hanno il molesto cane autistico).
Mamma Mafaldi invece voleva che la pianta trovasse posto a casa sua.

M: Mamma, ma come faccio a portarla? Non ci sta da nessuna parte in macchina!
MM: Mmmmmh... Mumble mumble...

Pensa che ti ripensa, ecco che è nata l'idea geniale.

MM: Ma Mafy, basta che apri la macchina (ricordiamo che la suddetta derelitta Mafalda è orgogliosa proprietaria di una peugeot cabrio altresì detta la Derecar, NdA), metti la macchina sul sedile del passeggero, la leghiamo con la cintura, mettiamo due sacchetti sulle foglie perchè non si rovini e via!
M: ...
MM: No?
M: Ma mamma, come minimo mi ritirano la patente! Cally, diglielo anche tu. E poi posso farmi vedere in tangenziale con una palma come passeggero?
C: Se puoi non lo so, ma se lo fai ti prego di avvertirmi perchè non posso perdermi la scena!

E questo è stato solo il primo intoppo di questo trasloco...