lunedì 30 aprile 2007

Cronaca di una settimana di delirio

Eccomi qua, cari miei, mi siete mancati da morire: la vacanza è finita, e per voi un breve resoconto di questa settimana tunisina.

Domenica: arrivo. Nuvole sinistre coprono il cielo. La camera è umida come una piscina e l’aria condizionata esce bollente. Mamma parte di gran carriera e va in reception a chiedere lumi: le viene risposto che in realtà fino a maggio funziona solo il riscaldamento e che la signora della stanza accanto alla nostra ha chiesto addirittura una coperta. Partono silenziose maledizioni, ma ci accampiamo alla meglio.

Lunedì: cielo coperto. Ci sentiamo molto gianne e mettiamo lo stesso il costume. Nel percorso fino alla sala da pranzo il vento minaccia di portarci via. Finita la colazione inizia a piovere e sono 15 gradi. Nella mia valigia solo un paio di jeans e due maglioncini: il resto è pressoché invisibile. Per passare il tempo nel pomeriggio arriviamo in semifinale al torneo di scala quaranta (che tristezza). Iniziano il corso di danza del ventre e quello di balli caraibici, che allieteranno i nostri pomeriggi. Dopo lo spettacolo serale partecipo pure al karaoke con una canzone di Alex Baroni (ok, lo ammetto, volevo i Pooh ma mi vergognavo a chiederli…): da quel momento il cantante di piano bar si esibiva in un pezzo del povero Alex ogni volta che mi vedeva passare, dedicandomelo. Uomini, imparate.

Martedì: il diluvio. Noè ci fa una pippa. Reclusione forzata e conseguente torneo di briscola, durante il quale finiamo contro due simpatici signori cremonesi. Passa uno degli animatori che mi si getta al collo e mi tiene abbracciata per tutta la partita. Uno dei cremonesi commenta «Ah, hai capito? Gli piacciono le mele trentine, eh!»; poi guarda con occhio terrorizzato alle mie procaci rotondità anteriori e si accorge dell’orrenda gaffe. Non mi guarderà più in faccia per il resto della vacanza. Io e mamma partecipiamo pure al gioco degli animali bendati: dieci coppie incappucciate che si devono ritrovare per la stanza facendo il verso di un animale. A noi capita l'orso con la dissenteria: inutile dire che veniamo eliminate al primo turno.

Mercoledì: il cielo sembra aprirsi ma poi si scatena di nuovo il delirio. Piove persino in stanza. Mamma striscia alla reception controllando non ci sia l’omino della prima sera e implora una coperta. Ci recapitano un plaid di pelo di cammello che pesa cinquanta chili. Il tanto odiato riscaldamento funziona a pieno ritmo. La sera vinco la gara di ballo in cinque categorie: valzer, tango, merengue, lap dance, disco dance. Il mio cavaliere è un bellissimo animatore tunisino pelato, col pizzetto e due occhi di carbone: roba che se lo vedeva Mafalda era la fine. Vinciamo clamorosamente con 106 punti (i secondi arrivano solo a 63). So che siete amanti delle storiacce scabrose e vi aspettate dettagli sulla lap dance. Scordatevelo!

Giovedì: mi accorgo di quanto sia carino l’istruttore di arco quando mi invita a fare un lento (che è pure la colonna sonora di Robin Hood…). Ha un sorriso che riscalda il cuore e (attenzione!) è intelligente: visto che l’ultimo animatore rimorchiato mi chiamava amichevolmente «Aho, ‘a vacca…» direi che è un enorme passo avanti. La sera si scatena di nuovo l’uragano e io e mamma rientriamo in stanza scalze alle due di notte, camminando per le strade del villaggio coperte da 2 cm d’acqua. Il mio cellulare tira le cuoia: ma tanto, a parte i messaggi di Mafalda e della Ubi, era drammaticamente silente. LUI è sparito.

Venerdì: il cielo è nuvoloso, ma non piove. La mattina ci spalmiamo sulle sdraio della piscina coperte dagli asciugamani. A mezzogiorno esce il sole. Ed è il delirio. Fuori i costumi, si fa il bagno, ci si scotta: tutto pur di portare a casa un po’ di abbronzatura! Ricevo tre proposte di matrimonio da due animatori italiani e dal mio ballerino: comincio a maledire LUI e a rivalutare l’idea di abbandonare lo status derelitto per darmi alla pazza gioia, magari trasferendomi in Tunisia. L’arciere mi guarda con i suoi occhi nocciola: la sera balliamo di nuovo insieme e mi tiene la mano appoggiata sul suo cuore. Io gli dico che il suo sorriso me lo porterò a casa come il ricordo più bello della vacanza.

Sabato: il sole brucia finalmente le spiagge tunisine. Mi spalmo su un lettino e mi rosolo, addormentandomi. Vengo svegliata da un cazzo di bambino francese che si getta in acqua urlando «Davìììììììd, Davìììììììììd». Io mi giro pigra e gli rispondo «E so sorela!», suscitando l’ilarità dei miei vicini di sdraio ed esibendomi in uno splendido involontario topless. L’arciere mi gira al largo, evitandomi. Perché? Perchééé? Ovviamente il pensiero è estremamente derelitto: "ecco, gli ho detto che ha un bel sorriso e mi gira al largo perchè l'ho terrorizzato e non gli piaccio". Ma vaffanculo. La sera ballo con mammà finché non si spengono le musiche: ricevo quattro proposte di passare la notte con quattro animatori diversi e raccolgo un mazzo di numeri di telefono ed e-mail: io mi trasferisco, giuro. Lo faranno pure per lavoro, ma l'autostima è alle stelle. L’arciere arriva quatto quatto alla fine della serata per l’ultimo lento, e mi dice che ha dovuto starmi lontano perché era stato rimproverato dal capo equipe, ma che avrebbe voluto passare più tempo con me e che vuole assolutamente rivedermi. Ci scambiamo i numeri di telefono e da ieri mi tempesta di messaggini dolcissimi.

Domenica: si rientra. Chiama LUI con voce miagolante e mi dice che ha voglia di vedermi: «Ma non ti sono arrivati i miei messaggi?». No, probabilmente perchè non me ne hai scritto mezzo, mostro. Comunque sia, mi sciolgo come un quadretto di burro, bevo la scusa come un bicchier d’acqua, ma resisto. Vado a casa della Ubi, dove suo fratello si prodiga barman e ci ingolliamo due bicchieri di Piña Colada ballando scalze i Gipsy King. La vacanza è ufficialmente finita. Ma arriva un messaggino dell’arciere: «Non vedo l’ora di rivederti. Ci sarà tanto tempo per stare insieme». A questo punto il brindisi è d’obbligo.


In conclusione:
Abbronzatura: scarsa, ma per la mia carnagione sono praticamente mulatta.
Peso: meno un chilo, evviva i balli sfrenati fino all'alba.
Numeri di telefono rimediati: una decina.
Proposte di matrimonio: tre.
Corteggiamenti: innumerevoli.
Corteggiamenti effettivamente consumati: nessuno (eh, sono derelitta, non scordatevelo).
Scivoloni in sala da pranzo per via dei tacchi: cinque, uno dei quali si è concluso con un bicchiere d'acqua che mi sono autorovesciata addosso.
Autostima: alle stelle.
Salute: ho un mal di gola del diavolo; probabilmente per via del passaggio dal freddo tunisino al caldo trentino...
Grazie a mamma, che si è confermata una compagna di viaggio meravigliosa.
Callista è tornata, siorre e siorri. E ora scusate, vado a fare i gargarismi, e a leggere tutti i vostri blog.

domenica 29 aprile 2007

Ufffff ....

Un conosciutissimo proverbio dice: "Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi".
Bene.
Passi che per la mia famiglia questo proverbio si sia trasformato in "Natale con i tuoi e Pasqua pure altrimenti mammà s'incazza" ... ma possibile che tutte le santissime domeniche ci sia un semiritrovoparentale???
Oggi ci sono tutti, nonni, zia e zio con annesso nano (cucinetto malefico di 6 anni) e due zie anziane.
Non credo di sopravvivere a questa giornata.
Per fortuna oggi torna Cally. Evviva!!!
Ora scappo, mi sono rifugiata nello studio ma il nano mi ha già scovata.
Baci a tutti e buona domenica.

venerdì 27 aprile 2007

tutta colpa di una H

Ieri mattina stavo chiacchierando allegramente con quelle due pazzerelle di Coniglia e Giò Giò e, tra un volo pindarico e l’altro, siamo atterrate sul discorso nomi.
Subito non ci ho pensato ma poi mi è venuta in mente una figura memorabile di Callista.
La scrivo in questi giorni, approfittando della sua assenza, così non rischio di essere picchiata … almeno non subito!
Estate scorsa, grigliata a casa di Ubi.
Un sacco di gente. Io ne conosco un quarto (forse), Callista qualcuna in più.
Ci si presenta in maniera un po’ approssimativa perché spunta sempre qualcuno di nuovo …
Si prende il sole, si gioca, si cena, si ride, si scherza … poi, immancabilmente, si formano dei gruppetti di conversazione.
Quasi tutti i ragazzi parlano di calcio (strano!) mentre qualche coraggioso rimane in mezzo a noi ragazze e si sorbisce discorsi tipicamente femminili: quanto sono storti gli uomini, che palle dover fare la ceretta, quanto sono imbecilli alcuni uomini, che disperazione i capelli che non tengono la piega, quanto sanno essere bastardi gli uomini, che dramma il trucco che cola con il caldo, perché gli uomini si comportano da bambini, che belli i costumi da bagno di quest’anno, abbiamo già detto quanto sono storti gli uomini?…. E così via.
Nel bel mezzo di una discussione, durante la quale abbiamo fatto scappare i due ragazzi rimasti rei di appartenere alla popolazione maschile e quindi additati come “mostri” (la solidarietà femminile sa essere devastante), arriva la telefonata del cognato di un’amica di Ubi. La sorella ha partorito.
Congratulazioni, baci, abbracci. Brindisi.
La nuova arrivata si chiama Stella. Inevitabilmente si comincia a parlare di nomi.
Si ricordano i più strani sentiti. C’è il filone storico “Napoleone, Attila, Nerone”… quelli legati ai telefilm “Daisy, Bobby, Dylan, Brenda, Ridge” … (una generazione rovinata) … quelli cromatici “Bianca, Bruna, Rosa, Rosella, Nerina, Azzurra” e così via.
Rimaniamo in tre (Callista, una ragazza semisconosciuta ed io) a parlare di quanto sia vero che i nomi diventano belli o brutti anche a seconda delle persone di nostra conoscenza che lo portano e di quanto uno importante possa essere “devastante” sul futuro di un bambino. Ad esempio se un Ascanio (era periodo di grande fratello) crescesse gracile gracile, con gli occhiali, spalle a gruccia, denti storti e brufoli … avrebbe un nome ”pesante” per nulla supportato da fisico e aspetto. Insomma … discorsi profondi e importantissimi sulla sorte del pianeta e dell’umanità intera.
Interviene Callista.
C: “guarda … a me piacciono i nomi semplici”
Vicina di callista: “Anche a me. Odio quelli composti. Troppo lunghi. Ci metti una vita a firmare.”
C: “mah, a me quelli non dispiacciono. Alcuni sono molto eleganti. Quelli che proprio non sopporto e che non darei MAI a mia figlia sono quelli “un po’ così” … con tante h, j, y, … insomma ci siamo capiti, no?”
Vicina: “ah, quelli un po’ pomposi?.”
C: “Si, insomma, tipo Jessica, Debbbborahhhhhhh, …”
Vicina: silenzio
C: (implacabile) “… Jennifer, Samanthhhhhhhhaaaaa”
Vicina: “ehhh già … infatti, per fortuna, io mi chiamo Samanta senza l’h”
C: (passando dal rosso paonazzo al verde al blu) “ahhhh … vedi … è tutta un’altra cosa …. Senti come suona meglio senza h? E’ più fine …”
Vicina: silenzio
C: “Mafalda? Non è ora di andare?”
M: (sottovoce a Callista) “Certo, certo … andiamo. Le tua faccia la recuperiamo o la lasciamo qui?”

giovedì 26 aprile 2007

Esser Derelitta - il nostro inno

Oggi ho l’onore di inaugurare una nuova rubrica; “Una canzone per te” , ovvero le canzoni che, per un motivo o per l’altro, hanno segnato le vite di Callista e Mafalda.
Dopo una lunga consultazione abbiamo pensato che la prima non poteva che essere il nostro inno.
Ebbe sì. Perché anche le derelitte hanno un inno.
Ogni volta che sentiamo questa canzone ci mettiamo in piedi, mano sul fianco (sul cuore fa un po’ troppo nazionale e poi, diciamolo, la nostra posa è un po’ più sexy) e cantiamo a squarciagola.

Signore e Signori, liberamente ispirata da “Essere una donna” di Anna Tatangelo, ecco a voi “Esser Derelitta”.
Dirige il maestro Vessicchio (uhhh come mi è simpatico con tutta quella barba)
Cantano: Callista e Mafalda



Esser Derelitta
Occhi risplendenti
sempre con le lenti
e il mascara
Trucco naturale
realizzato da manuale
perfetto sempre più.
"com'era bello in maglia gialla!"
"rotolerò come una palla ho un chilo in più..."
"dov'è l'effetto cornutazzo?"
"qui non funziona più un cazzazzo mangerei anche te!"
non era prevista...su corriamo dal nazista!

Esser derelitta
sai vuol dir soffrire ma restare sempre zitta
esser sorridente anche quando muori dentro
Esser derelitta è di più, di più, di più, di più
è farsi i capelli
scuoterli felice per mostrar quanto son belli
non dormire un cazzo perchè senti respirare
una meraviglia accanto a te!

Esser superiori
non mostrare niente fuori
la legge!
accondiscendenti
anche quanndo dentro senti
che bruci
"Ma certo che è un bel deficiente mi ha scaricato
come niente per totti!"
"E io che andavo nel salento
sai mi bastava anche un momento
con gli occhi nei suoi!
tutto è stato vano...
è partito con albano!"

Esser derelitta
è stare sei ore su un messaggio da mandare
con il risultato che alla fine fa cagare
Esser derelitta è di più, di più, di più, di più

certo era solo un'avventura ed infatti eccoci qua
con un bacio e una risata abbbiam perso la ragione
chissà come finirà

Esser derelitta
è giustificare tutto in ogni situazione
ridere di gusto se uno a letto fa il leone
essere di più, molto di più...

mercoledì 25 aprile 2007

Piccola bottega degli orrori

o, come preferiamo dire noi derelitte, grande supermercato della rattaria.
Partiamo dal presupposto che il tempo in questi giorni è quantomeno bizzarro. Tre giorni prima di Pasqua sulle montagne attorno a Trento sono caduti diversi centimentri di neve, mentre adesso è più di una settimana che fa un caldo quasi estivo.
Ok ... possiamo dire che non ci sono più le mezze stagioni, che una rondine non fa primavera, che rosso di sera bel tempo si spera ... e quì mi fermo perchè ho promesso a Callista che durante la sua assenza avrei cercato di perdere meno lettori possibili ... ma se continuo con i proverbi ho come l'impressione che mi abbandonereste tutti ... ovviamente insultandomi.
Dicevo. Possiamo dare la colpa al clima, senza ombra di dubbio fuori dai canoni stagionali, e al cambio repentino di temperatura ma il mio quesito è uno solo: ma come diavolo si veste la gente in questo periodo?
Si lancia nell'armadio, nuda, ed esce con le prime cose che si trova addosso? Oppure c'è una nuova moda di sfidare il destino e scegliere i vestiti al buio? E' stato istituito un divieto di specchiarsi prima di uscire di casa?
Non lo so ... ma è solo da noi che si vedono in giro cose brutte? Ma brutte, brutte, brutte.
Vi faccio alcuni esempi.
Ieri, ore 08.00. Una ventina di gradi circa.
Sono al bar con una mia collega quando al tavolino accanto al nostro si siede una ragazza così conciata.
Microgonna di cotone fucsia (e ci può stare ... beata lei che ha le gambe belle e si può permettere una gonna così corta) ballerine verde fastidio (vabbè, tralascio il colore a rischio arresto per disturbo della quete visiva. Le ballerine sono tanto di moda quindi passino) borsina di Hello Kitty rosa (in tinta con la gonna) e ... attenzione ... pile grigio con tasche blu elettrico.
Ma perchè, dico io??? Perchè?
Non ha senso ... sei praticamente in mutande ma metti il pile del nonno? Metti un maglioncino, un giubbottino, una felpina ... ma il pile no! E in inverno che fai??? Sempre in mutande (perchè si sa, piuttosto si rischia la cistite cronica ma le gambe si fanno vedere) e sopra la pelliccia di un orso appena squoiato?
Questo quesito mi accompagna fino alla pausa pranzo quando un nuovo individuo cattura la mia attenzione.
Ore 13.00. Gradi 28.
Un gruppo di millemilioni di piccoli cinesi attraversa il centro. In mezzo a loro un uomo di età indefinita.
Pantalone beige al polpaccio, calzettone di lana a rombi blu e rossi, scarponcino da montagna, camicia di flanella a scacchi, giacca con collo e polsini di pelo di muflone asiatico e immancabile cappello (ovviamente tarocco ... ma si sa ... sono cinesi) da alpino.
Ma a queste povere creature cosa dicono prima della loro partenza per Trento? Io sono convinta che gli facciano vedere Haidi. Questi si aspettano di arrivare in piazza Duomo solo dopo aver scalato un ghiacciaio perenne e, una volta arrivati, di trovare le caprette che fanno ciao. Un appello alle guide ... ma diteglielo che siamo in una città. Piccola, per carità, ma pur sempre città.
Anche perchè ... chi glielo spiega al piccolo alpinista cinese che il Nettuno non è il nonno di Haidi?
Ma il clou dell'orrore l'ho visto in palestra.
Mi trascino negli spogliatoi dopo una lezione devastante di step ... anzi, correggo. Faccio la splendida attraversando con una certa non chalances (salutando Pinocchio e sorridendo ad un baldo giovine) il breve tragitto tra la sala della lezione e gli spogliatoi e solo dopo aver raggiunto le panchine e aver controllato di essere al riparo di occhi maschili mi areno alla ricerca del fiato perduto.
Mentre impreco in greco antico verso la mia forma fisica e la mia agilità da gatto artritico entra la bella figheira di turno.
Jean stretto, stretto, stretto a sigaretta, sopra un vestitino nero e viola con spalline fine, tette in bella vista e scollatura ombelicale, sandali tutti tempestati di pietre falsissime e ... udite, udite ... gambaletto!!!
Credevo fosse una visione da mancanza d'ossigeno invece il gambaletto assassino ha colpito ancora. Orrore! Pollice verso e buuuuu del pubblico.
Direi che per oggi gli orrori possono bastare ... sono convinta che ne vedremo ancora delle "belle".
Intanto, amici, vi auguro un buon 25 aprile. Divertitevi, riposatevi, mettete la crema se prendete il sole, non accettate le caramelle dagli sconosgiuti, guardate a destra e sinistra prima di attraversare, allacciate le cinture di sicurezza .... ok, la smetto.
Mafalda ... blog delle derelitte ... Trento.

martedì 24 aprile 2007

L'ABC delle derelitte parte quinta T-Z

T

Tranvata [tran-và-ta] s.f. 1. stato d'animo caratterizzato da un entusiasmo eccessivo e al tempo stesso passeggero verso una persona o una cosa. 2. colpo potentissimo inferto dalle meraviglie all’equilibrio sentimentale di ragazze normali che si trasformano immediatamente in derelitte. “guarda come mi sono ridotta … “ “eh, per forza, ti è partita la travata”


Telefonare [te-le-fo-nà-re] v. intr. 1. parlare con qualcuno per telefono. 2. nelle derelitte ha uso esclusivamente transitivo grazie all’apporto di papà Lex che consigliava a Mafalda di “telefonare il figlio”. “Lo telefono o non lo telefono?” “Telefonalo subito!” 3. per est. L’uso si applica a tutti i verbi comunicativi. “Lo messaggio, lo mailo, lo scrivo … e se non risponde a nulla … lo fanculizzo”.



U

Uots [uòts] avv. Int. Variante salentina del più comune “whats?”. Utilizzato per cavarsi d’impiccio da ogni intergotatico al quale non si riesce a rispondere. Di maggior impatto e validità se accompagnato da espressione innocente e di persona che cade dalle nuvole. "Lex ascolta bene. Per raggiungerci devi andare sempre dritto per un chilometro, prendere la terza stradina a destra. Al secondo semaforo devi girare a sinistra e poi subito a destra. Arrivato ad un parcheggio vedi una stradina. La segui e, in fondo, giri a sinistra. Capito?" "Uots???" "Stai lì ... veniamo a prenderti".

Uff [uff] inter. Variante estesa di ffffffffffffffff (vedi)

Ussignur [us-si-gnùr] escl. Invocazione che esprime di volta in volta stupore, indignazione, risentimento, disappunto ecc.. Il valore esclamativo è direttamente proporzionale all’intensità della sillabazione. “Ho preso appuntamento da Saraminchia” “Ussignur!” “Ha chiamato er bistecca” “US-SI-GNURRRRRRRRR”


V

Valà [va-là] int. 1. suvvia, orsù, forza. “Vieni sü che ti fai tüte quele patacche süla maglietà … valà” (ricordate la pubblicità di un noto detersivo che a metà degli anni 80 aveva come testimonial Francesco Moser?) 2. raff. “dai valà, dai” con significato di spicciati, muoviti, smettila, te par de farghela. “Bastaaaa. Io non lo chiamo più. Se non mi vuole sia abbastanza uomo da dirmelo” “Dai, valà, dai!” 3. ulter. Raff. Aggiungendo un “cazzo” dopo valà “dai valà, cazzo, dai” oppure se ripetuto ad oltranza “dai valà, dai, valà dai, valà”


W

Winner [wìn-ner] s.m. 1. vincitore, er mejo 2. fras. Der. “and the winner/s is/are”, ditto di derelitte quando si meritano quello che sono andate a cercarsi, soprattutto in negativo. “hai visto le amiche di Lex? Sono venute a trovarlo da Bari” “eh, noi siamo venute da Trento… e per la categiora ‘derelitte dell’anno’ the winner are… Callista e Mafalda!” “ Grazie, grazie … grazie mamme che ci avete fatto così derelitte, grazie razionalità che ci hai abbandonate, grazie anche a voi, ormoni, che avete preso il sopravvento … grazie!”

Z

Zaccaria [zac-ca-rì-a] s. m. pr. 1. nome del locatore della casa salentina delle derelitte. Quella dell’odore di sgnaus (vedi) 2. casa Zaccaria: sinonimo di ambiente potenzialmente gradevole ma arredato con gusto discutibile e vagamente circense “Bè, con quel copridivano verde fastidio il sofà non è neanche poi male” “Ah, bello, sembra quello di Moira Orfei. Ha anche le nappine. Occhio a non schiacciare le colombe” “Mmmm, raffinato quell’abat jours fucsia con manico zebrato … “ “eh, starebbe benissimo in casa Zaccaria

lunedì 23 aprile 2007

Due messaggi prima della partenza ...

C: Giorno! Ffffffffffffffffffffff
M: Oggi parti per il mare. Hai il divieto assoluto, soprattutto morale, di sbuffare! Giorno a te, tesoro!
C: Hai ragione … fff! Dai, racconta. Novità? Ti ha chiamata stanotte?
M: Negativo. Piedini morbidi!
C: Dai, non ci credo che non ti ha chiamata. Impacco?
M: Doppio!
C: Cavolo, mi dispiace. Come stai?
M: Male ma sopravvivo. Ormai ci sono abituata. Vabbè … dimmi… sei pronta? Valigia fatta?
C: Quasi tutto pronto. Tra un attimo partiamo. Devo solo capire se nel bagaglio a mano posso lasciare i rossetti o meno. Lo sai che quando andremo noi in vacanza sarà un casino?
M: Mettiamo tutto in valigia e appena atterrate recuperiamo il beauty, no? Comunque, se non ricordo male non si possono portare nemmeno i rossetti, no!
C: Esatto! Niente a meno che non siano solidi!
M: Io capisco le misure di sicurezza ma questa è un po’ assurda. Che ci farai mai con un lucidalabbra … minacci il pilota che se non dirotta il volo su Brindisi (un aeroporto a caso) gli fai le labbra da baldracca? Su …
C: “Guardi … le metto il rossetto con i brillantini, sa? Dirotti per favore!” (siamo educate, no?)
M: Esatto. E se il pilota si rifiutasse potremmo anche minacciare di mettergli lo smalto rosa
C: Terrorista! Non puoi imbarcare manco quello!
M: Dici che non posso? Vabbè … io sono pericolosissssima! E già che ci sono mi armo anche di rimmel ed elyner. “Se non ci obbedite pitto gli occhi allo steward… ALORA … si dirotta”?
C: Ma lo sai che sei scema?
M: Grazie, anch’io ti voglio bene! Allora … arrivata in aeroporto?
C: yes… sto facendo il check in. Amicaaaa … dobbiamo partire anche noi!
M: Assolutamente. Tu vai, divertiti, riposati e quando torni organizziamo.
C: Ok. Organizziamo una bella vacanza. Ma io ho già nostalgia … come faccio una settimana senza la mia amica?
M: ma per piacere … avrai tutti gli animatori attorno … che te ne fai di me?
C: Ma che animatori? sono con mia madre … Cosa vuoi che faccia?
M: Intanto ti rifai gli occhi e poi se c’è qualcuno di interessante dai il sonnifero a tua madre… no?
C: Ahhhh proprio una bella idea. Vabbè … tu fai la brava, piuttosto. E mi raccomando il blog.
M: Fai la brava? La situazione è disperante … faccio la brava, si! Non ho alternativa, purtroppo! Per il blog non ti preoccupare. Domani, come prima cosa, pubblico le foto porno … contenta?
C: smettila…

M: fffffff... come sei noiosa! ma tu non dovevi partire???
C: adesso. Ti avviso appena atterro. Bacio.
M: buon viaggio, stella, bacio.


M: ahhhhh Cally ... mi sono dimenticata. Posso scegliere il mio souvenir?
C: certo ... cosa ti porto?
M: un animatore o un bagnino sexy, grazie!
C: sei la solita! Lo sai che non me lo passano come bagaglio a mano!
M: che amica bastarda! Te li vuoi tenere tutti per te, eh? ... un pareo?
C: meglio ...
M: andata per il pareo! ti voglio bene. buon viaggio!
C: pure io, bacio

domenica 22 aprile 2007

C'è chi parte e c'è chi resta... Io parto!

Cari amici di blog,

io, Callista, sarò assente dai vostri desktop per un’intera settimana: vi state disperando? Bene, ora non lo farete più, ma inizierete a prendermi a parolacce. Perché tra poche ore un aereo mi porterà direttamente su una spiaggia dorata, dove mi godrò una settimana di completo e assoluto relax.

Mi state già maledicendo? No, aspettate: perché non vi ho ancora detto con chi mi godrò questa meravigliosa vacanza. Con un uomo alto, sexy, profumato e con gli occhi belli, alias LUI? Noooo… (LUI va in vacanza con il suo amico. E parte appena io rientro. L’immenso stronzo.) Con un qualsiasi altro uomo alto, sexy e profumato? Noooo… Con un uomo, magari non alto, mediamente sexy, ma ugualmente profumato? Noooo… Con un uomo? Uno qualsiasi? Nooo… Con un gruppo di amiche con le quali andrò alla ricerca del fantomatico uomo? Nooo…

Ok, confesso: vado con la mia mamma… Adesso le parolacce sono diminuite, eh? Vi prometto che tornerò riposata, abbronzata e presumibilmente ingrassata di una decina di chili: trattamento all inclusive, aspettami!

Ci sentiamo tra una settimana, e consolate Mafalda, che senza di me sarà triste e disperata (Mafy, metti giù i coriandoli, maledetta…).

A prestissimo

C.

sabato 21 aprile 2007

Quassù qualcuno ci ama

Qualcuno ama le derelitte e ha a cuore la loro integrità fisica e morale: questo è il cartello che troneggia sull'impalcatura che circonda il Nettuno (stanno rifacendo parte della pavimentazione attorno alla fontana):
grazie a Denì, che ci vuole bene e l'ha adattato per noi.


Baci a tutti e buon sabato.


venerdì 20 aprile 2007

Saraminchia 2

Visto il successo ottenuto da Saraminchia mi sono sentita in dovere di raccontarvi due degli episodi più significativi capitati durante i miei appuntamenti. Non potevo proprio non condividerli con voi che tanto la amate.

Prima volta di Mafalda nel salone di “nostra Signora delle Cerette”.
M: “ciao, sono Mafalda, l’amica di Callista, ho appuntamento alle tre”
S: “vei vei tatita, vei! Ma sa gat fat ala to amica de brut? La te vol propri mal” (vieni, vieni, tatina! Ma cosa hai combinato di brutto alla tua amica? Ti odia proprio” )
M: “Eh??? Perché?”
S: “se la ta mandada da mi tant ben no la te vol. Valà, va en cabina che te spelo come en poiat!” (se ti ha mandata da me tanto bene non ti vuole. Suvvia, vai in cabina che “ti spelo come un pulcino” )
Ahhhh cominciamo bene.
Mi fa la mezza gamba e in cinque minuti sono liscissima.
Bello.
Tocca all’inguine. Paura. Sdraiata sul lettino cerco di distrarmi leggendo tutti gli attestati di partecipazione ai corsi ai quali Saraminchia ha partecipato. Sento che stende la cera, tanta cera. Non avrà mica intenzione di fare un solo strappo? Ohhhh guarda, ha anche l’abilitazione per fare i tatuaggi estetici permanenti. Straaaaap.
Si, ha fatto tutto uno strappo … ahhhh.
S: “vara, vara che bela slisa che te sei” (guarda guarda come sei bella liscia!)
M: “bene, mi fa piacere!”
S: “ah, queste si che l’è cerette che da soddisfazion. Vara che bela sgambatura che t’ho fat” (queste si che sono cerette che danno soddisfazione. Guarda che bella sgambatura che ti ho fatto)
M: “evviva!”
S: “pensa che l’altro dì una la volest che ghe che la faga a forma de freccia!” (pensa che l’altro giorno una cliente ha voluto che glieLA facessi a forma di freccia)
M: “freccia? Ma che cosa bizzarra!”
S: “Ahhh, ma mi ghe l’ho dit!” (ahhh, ma io glie l’ho detto!)
M: “le hai detto cosa, scusa?”
S: “gho dit. Ma scusa, tatina, ma elo sì rincoionì el to moros che te ghe devi dir endo nar?” (Le ho detto: “ma scusa, tatina, ma il tuo ragazzo è così rincoglionito che gli devi dare indicazioni su dove andare?)
M: “ma dai, anche tu. Poverina!”
S: “”vara che ten vedi de tuti le sort. Pensa che ghe ‘na cliente che la ven e la se fa cavar sol do peli. Ma doi en cros. E mi digo: ma sa vat dall’estetista a far se po te te voi tegnir la mudanda de pel?” (ne vedi di tutti i tipi. Pensa che c’è una cliente che viene e si fa togliere solo due peli. Due peli in croce. E io mi dico; ma cosa vai dall’estetista se poi ti vuoi tenere la mutanda di pelo?” )
Ora, bisogna ammetterlo. Mutanda di pelo è un’immagine francamente inquietante ma che rende benissimo l’idea. Io ho cominciato a ridere. Giuro, avevo le lacrime e lei implacabile: “Sacramentooooo. Mochela de scorlar se no te la fago a zig zag” (Accipicchia. Smettila di sobbalzare altrimenti te LA faccio a zig zag).
Sono diventata seria in un attimo. Chissà come mai....
E dopo poco me ne sono andata tutta liscia e soddisfatta.

Pochi giorni prima di Natale.
Decido di andare a fare una pulizia del viso.
Sono nella mia stanzetta, in relax, a soffrire l’acido di non so cosa sta lentamente erodendo la pelle del mio viso mentre nell’altra cabina si accomoda un’ignara cliente che si vuol fare la ceratta.
Nel silenzio assoluto del salone Saraminchia esclama verso la poveretta “Madooooonnna. Ma sa hat combina? Te te sei fata creser la foresta? E vignir prima no? Ghe trovo anca Robin Hood?” (madoooonna! Ma cosa hai combinato? Ti sei fatta crescere la foresta? E venire prima no? Ci trovo anche Robin Hood?)
Impossibilitata a ridere dalla maschera che lentamente sta prendendo una consistenza simile a quella del cemento scuoto la testa pensando che se avesse detto una cosa del genere a me sarei scappata dal salone in mutande. Foresta o no.
Il siparietto si preannuncia interessante. E mi metto in ascolto (no, in questo caso i cazzi miei non me li faccio)
Tra un urletto e un lamento la ceretta alle gambe sembra procedere abbastanza tranquilla.
Ma ecco che che Saraminchia annuncia: “Ahhhh adess riden. Set pronta?” (ahhh adesso ridiamo, sei pronta?)
Proprietaria di foresta: “non si è mai pronti ah ah ah”
S: “ahhhh te gai reson!” (ahhh hai proprio ragione!)
Dopo qualche secondo un urletto di dolore.
PdF: “Ahiaaiiiiiaaaaaaa”
S: “no sta lamentarte sat. Così te empari a far la coltivazion de peli. Varda che l’è Nadal Meti che passa Babbo Natale te te devi far trovar ben. Tuta bela slisa” (Non lamentarti, sai! Così impari a far crescere i peli così lunghi. Guarda che è Natale. Nell’ipotesi che passi a salutarti Babbo Natale devi farti trovare bene. Tutta bella liscia)
PdF con voce lamentosa: “ma Babbo Natale non mi guarda quanti peli ho tra le chiappe!!!”

Ah … ecco! Se volete un pomeriggio divertente vi prenoto un trattamento da Saraminchia.
P.S. Sono consapevole che questo post è un invito a nozze per il nostro simpatico amico maniaco. Ma noi derelitte siamo coraggiose e sfidiamo il "pericolo". E poi c'è sempre la meravigliosa funzione "cancella commento", no?

giovedì 19 aprile 2007

Saraminchia

Il post della Coniglia e quello di Apple hanno immediatamente fatto suonare un campanello nella testolina delle Derelitte: i nostri lettori devono conoscere uno dei personaggi migliori che gravitano nella nostra orbita. Saraminchia, ovvero l’estetista delle derelitte. Il nome deriva da quello del salone, che all’inizio nessuno delle due si ricordava: e da allora così è amichevolmente ricordata (e memorizzata nella rubrica dei cellulari).
Spiegare come le derelitte sono approdate da Saraminchia è facile: consiglio di un’amica di Callista, ovviamente scaturito da una conversazione su un tipico problema femminile, la ceretta. Callista si lamentava con l’amica del fatto che la sua (ora ex) estetista non facesse bene la ceretta, soprattutto all’inguine: «Mi scotta sempre, e poi mi fa la sgambatura asimmetrica: sono capace anch’io di farmela storta, e non mi scotto neanche.» Ed ecco il consiglio dell’amica: «Vai dalla mia, è un po’ strana, ma è bravissima. Occhio però, che non si faccia prendere la mano». Lì per lì il consiglio non suonava sinistro: ma tra poco capirete cosa significava... E sia: decido di provare la maga delle cerette.
E qui chiedo scusa ai non trentini che leggono, ma Saraminchia che parla in italiano non sarebbe Saraminchia. Telefonata: «Ciao, sono Callista, mi ha dato il tuo numero Elena, era per una ceretta…». Dall’altra, voce squillantissima ed entusiasta: «Vei, vei ti, tatina, che te pelo!» (traduzione «vieni, vieni tu, tatina, che ti spelo»). Sono francamente un po’ inquietata, ma fisso l’appuntamento per il giorno dopo. Quando arrivo in salone, mi accoglie questa donnina di quasi quarant’anni: capelli corti e rossi, occhi azzurrissimi, camice immacolato: «Madonna madonnaaa, che bela gnocaaaa… Vei ti, vei, tatina, vei, cavete fora, ma te sei biondaaaaa, sa g’averat da pelar?» (ossia, «Ma che ragazza graziosa… Vieni, tatina, spogliati, ma sei bionda, cosa vuoi avere da depilare?»). Mi viene da ridere: entro in cabina, mi spoglio e mi metto sdraiata.
Arriva la pazza e mi fissa con aria stizzita le gambe, sentenziando che non c’è niente da togliere. Io ribatto: «Come no? Sono chiari ma si sentono se tocchi». «Sacramentooo… Se le fussa tutte pelose come ti narìa en malora» (se fossero tutte pelose come te chiuderei baracca e burattini). Ma mi accontenta e le mie gambe sono davvero lisce lisce. Poi mi guarda l’inguine con occhio clinico: «Dime come che te la voi!» (ossia «dimmi come LA vuoi»). Attimo di terrore: «Scusa?» «Come te la fago? (Come te LA faccio?) Pelo via tut? (Tolgo tutto?)».
«NO! Aspetta, nel senso, cioè… ». (E qui capisco cosa voleva dire Elena con il «occhio che non si faccia prendere la mano»). «’Scolteme a mi, se te voi cavo via tut (ascoltami, se vuoi tolgo tutto). Senò dime come che te la voi». «Eh, io pensavo, cioè, non una cosa così drastica…». «Bon, ho capì, fago mi». E parte a stendere cera e a strappare: io sto rigorosamente sdraiata e non oso alzare gli occhi. Gamba qua, gamba là, piega qui, tira lì, «’Scolta, te la sbasso n’attimo» (Te la abbasso un pochino). «Oddio, cosa?». Straaap.
Ok, niente, come non detto.
Mi fa alzare dopo dieci minuti: «Vardetela e dime se la te va ben (GuardateLA e dimmi se ti va bene)». Non ci penso nemmeno: fingo di gettare un’occhiatina ai miei paesi bassi e sentenzio «Fantastico».
Mi rivesto e vado a casa, ridendo come una pazza: troverò il coraggio di guardare solo dopo un paio d’ore, rendendomi conto che non è poi così terribile. Anzi, il risultato è eccellente. Ok, è un tantino eccentrica, Saraminchia, ma brava, bravissima, e per una come me che ha la fobia dei peli è il sogno di una vita. Da allora è diventata l’estetista ufficiale delle derelitte (e sentirete ancora parlare di lei).
E adesso chiamateci le ultime dei Mohicani.

mercoledì 18 aprile 2007

vabbè ... ma allora ditelo

Mi è appena arrivato un sms e voglio condividerlo con voi in tempo reale.
Non credo vi sarà difficile capire chi è il mittente

" Ma ciao tesoro come va? che tempo fa sopra qui caldo e un sole della madona e tu che fai ti stai facendo il compiuter hiiiiiiiiiiiiiiiii (-:"

... posso evitare di commentare??? pure la faccina storta ... daiiiiiii ...

Scusi, prof!

In questi giorni ci hanno detto spesso che siamo poco derelitte, negli ultimi post: in realtà, per pudore, cerchiamo di salvare la faccia e soprattutto di farvi sorridere. Se vi racccontassimo tutto, altro che derelitte! Disperate! Perché se è vero che ultimamente abbiamo pure dei corteggiatori (più di ogni rosea aspettativa, in realtà), le cose con LORO non sono certo rose e fiori. Ma finché fanno lavori sotto la fontana del Nettuno, non possiamo appenderci, quindi…
Per deliziarvi, ecco l’ultima conquista di Callista. Oltre all’ammiratore segreto, Callista è broccolata in maniera molto innocente e timorosa da un suo (ora ex) studente. Ecco la fortuna di insegnare giovani all’università: ogni tanto capitano studenti tardivi o un po’ fuori corso che non sono affatto male. Sommiamoci il fascino della cattedra, ed ecco il risultato di quest’anno: 27 anni, spalle larghe, abbronzatura. Bravo, molto brillante a lezione, fa domande intelligenti, trova sempre una scusa per uscire ultimo dall’aula, legge tutto quello che consiglio, prende appunti anche quando starnutisco, sorride ebete quando parlo di Paolo e Francesca. Quasi nauseante.
Un giorno mi ha perfino coraggiosamente avvicinato mentre ero alla fotocopiatrice: «Ah, buongiorno dottoressa Callisti» (attenzione, “dottoressa” e il cognome, non “ehi prof”, “salve”, “buondì doc”, “faccio finta di niente”, “culo”, “stronza arpia mi hai segato” ecc ecc… Ricercato!). «Buongiorno…». «Fotocopie?». «No, sto aspettando che si cuocia la pizza…». Sguardo allucinato. «Eh?». «No, era una battuta… ci vediamo in classe». Coraggioso, ricercato, un po’ scimunito. Non si può aver tutto dalla vita.
Comunque sia, due settimane fa affrontiamo il tanto temuto esame scritto: "broccolino" svolge un compito eccellente e prende 28. Si presenta alla registrazione con un sorriso a 82 denti, si siede accanto a me, guarda il compito, io firmo il libretto, compilo il registro, firma lui, prendo il compito, mi giro per metterlo via. Nel frattempo lui si alza, mi allunga la mano (ussignur, uno studente educato che dà la mano!) e dice «Il suo corso mi è piaciuto molto, grazie» (ahahah, sviolinata vecchia come il mondo! Carino, però...). Io ho le mani occupate, ma per non farlo stare con il braccio teso a vuoto mollo compito e penna, faccio per alzarmi pure io, lui urta il registro e io gli do il colpo finale. Il registro vola a terra. E tutti e due ci chiniamo per raccoglierlo. Il risultato? Una testata clamorosa, io di piena fronte: roba da lasciarci il naso.
Lui è mortificato, io rido di gusto, mi tengo la faccia e lacrimo (colpa dell’allergia, basta toccarmi il naso e piango). Alla fine riesco a convincerlo che non è colpa sua: rifiuto il ghiaccio, l’acqua, il caffè che vuole offrirmi (caffè, noto analgesico, no?) e lo congedo; ma lui, non contento, allarga le braccia in segno di ulteriore dispiacere e mi fa volare la Mont Blanc da 200 euro dal tavolo (so’ professora, mica posso firmare con la bic!): nuova raffica di «scusi scusi», io controllo che la penna sia intera (preferivo perdere il naso…) e finalmente entra lo studente successivo. Figuraccia da antologia, poverino. Ora temo non mi saluterà più sul corridoio. E speriamo non capiti mai su questo blog, sennò il posto sul Nettuno ce lo ruba sicuro...

martedì 17 aprile 2007

Notizie dal sud

Venerdì pomeriggio.
Suona un cellulare. Dopo qualche secondo, qualche bel secondo, mi accorgo che è il mio (ehhh … mi chiamano talmente poco che a momenti non mi ricordo nemmeno come fa la mia suoneria).
Chi osa disturbare le derelitte nel bel mezzo della loro attività creativa? (Stavamo “lavorando” sull’abc)
Controllo distrattamente il display sicura di vederci scritto “mamma” e quindi essere costretta ad andare a farle la spesa oppure “coinquilina” e doverle portare le chiavi di casa che, per l’ennesima volta, si è persa per il mondo. Invece … SORPRESA! Lo schermo indica chiaro e limpido il nome Lex.
Convinta di soffrire di allucinazione giro il telefono verso Callista che mi conferma, dandomi degli scappellotti sulla nuca e dicendomi “cosa aspetti????? Rispondi!!!”, che a chiamare è proprio la mia meraviglia.
Telefonata, come al solito, al limite del surreale. Dopo gli auguri di Pasqua che ci siamo scambiati via sms lui ha chiamato per vedere come stava la sua beddhazza …
L: “eh … ma non ti sei fatta più sentire, però!”
M: “no, guarda, permettimi di contraddirti. Ti ho chiamato tre volte e non hai mai risposto quindi ho pensato di romperti le palle e non ho più telefonato. (altra regola telefonica fondamentale delle derelitte: se lui, il bastardo, non risponde a tre telefonate consecutive, basta! Non si telefona più, non ci si fa sentire perché il suo non rispondere è un chiaro segnale che il nostro tentativo di comunicare con lui lo disturba. E qui si torna alla regola numero 5 del nostro
decalogo secondo la quale la derelitta non rompe … mai!)
L: “ e io non ti ho più chiamata perché credevo fossi arrabbiata perché non avevo risposto!
… bene, due imbecilli. Due imbecilli patentati.
La telefonata prosegue tra chiacchiere e risate, la sua risata … cristallina, coinvolgente, sincera.
E poi la fatidica domanda “ma perché tu e Callista non venite a trovarmi verso maggio? E’ bello qua, fa caldo, il mare è fantastico, vedessi che colori… dai, vi aspetto!”
Fingo un contenuto entusiasmo rispondendo con un “mah, vediamo, non so ancora quali programmi abbiamo… ti facciamo sapere sicuramente” ma Cally deve legarmi alla sedia per impedirmi di comperare al volo i primi biglietti aerei verso il sud. La telefonata si conclude con una serie di ”baci, baci, mille salutini, stai bene, ciao, fatti sentire, si baci, che bello sentirti, baci, anche per me, baci, ciao, ciao, baci “

Se il week end si è concluso in maniera inaspettata lasciandomi un'espressione ebete per due giorni, grazie alla voce della meraviglia, la settimana non poteva che iniziare in maniera bizzarra, con i messaggi di suo fratello: lo sgrammaticone.
Da quando è sceso a casa perché gli hanno “insteccato” un dito, non passa giorno che non mi tenga aggiornata sui suoi spostamenti e sulle condizioni meteorologiche. Volete sapere com’è il tempo in Salento? Chiedete tranquillamente a me. So perfettamente temperatura, umidità, vento, cielo e, se vi interessa, ho anche il bollettino dei naviganti. Giuliacci trema!
Dopo una domenica insolitamente silente, ieri sera mi arriva questo messaggio (che, ovviamente, ricopio fedelmente):
“Ma ciao stupenda allora che fai di belo stasera io al cinema,con amici, nn sarai sempre la solita scansaf. nn mi dire che sei gia alletto”
Innanzitutto ho fatto una ola per il fatto che Gianni ha usato due virgole. Ma ci rendiamo conto? Due virgole in un solo messaggio … incredibile. Probabilmente sarà stato un errore, voleva mettere lo spazio e gli è uscita la punteggiatura. Ma poi … scansaf??? Vorrà dire sicuramente scansafatiche. Ma uno che mi accusa di essere pigra non si degna nemmeno di scrivere “atiche”? E ancora … alletto??? ma perché?
Troppe domande. In fondo stiamo parlando dello sgrammaticone. Nulla ha logica. Rispondo che, essendo le undici, mi stavo preparando sì, per andare a letto. E faccio l’errore di chiedere che film andasse a vedere.
Dopo qualche minuto : “a ormai sei vecchia nn so che film ho comprato il bilietto ma nn mi ricordo il titolo”
Ahhhh … ecco! No, è troppo anche per me. Decido di non rispondere.
Vado a fare una doccia e poi dritta alletto.

lunedì 16 aprile 2007

Mezzelune profumate

Care sorelle, cari fratelli, bentornati su queste pagine dalla vostra Suor Derelitta. Oggi per voi una ricetta dolce dolce, come l’amòre. Le mezzelune profumate.


Ingredienti:

  • 350 grammi di farina
  • 250 grammi di burro
  • 150 grammi di mandorle pelate
  • 125 grammi di zucchero
  • un albume
  • una bustina di vanillina
  • mezza bustina di lievito
  • zucchero a velo
  • un uomo goloso

Procedimento:

Prendete Callista, desiderosa di mostrare a LUI quanto sia brava in cucina e decisa a regalargli una coccola culinaria. Sminuzzate finemente nel mixer le mandorle con lo zucchero. Disponete sul tavolo la farina a fontana, aggiungete l’albume, il burro tolto dal frigo in anticipo e tagliato a piccoli pezzi, lo zucchero con le mandorle, la vanillina, il lievito e amalgamate il tutto formando una pasta liscia e uniforme, che ricorda la consistenza della frolla (variante per i più pigri, infilate tutto nel mixer e girate, ma non fatevi sentire da Beppe Bigazzi).

Dopo aver ottenuto la palla di pasta (e non di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo, brrr), fatela riposare in luogo fresco per almeno mezz’ora. Nel frattempo, potete farvi con comodo la piega ai capelli per apparire casualmente splendide alla consegna dei biscotti. Una volta riposata la pasta e sistemati i capelli, scaldate il forno a 200° e formate dei piccoli bastoncini di pasta, larghi circa un dito e lunghi 5 cm. Dategli la forma di mezzaluna e disponeteli sulla placca da forno coperta con carta apposita e cuocete per circa 7-8 minuti (tenendoli d’occhio, perché passano in un attimo da friabili mezzelune a immangiabili boomerang, che se non vivete in Australia e non volete dare la caccia ai koala non servono a molto). Toglieteli dal forno, fateli freddare bene e spolverizzate con lo zucchero a velo.

Mettete le mezzelune in una scatola colorata e portatele al vostro LUI goloso, che le degnerà appena di uno sguardo dicendo che ha mangiato troppo a cena. Tornate a casa con la coda da cuoca tra le gambe e andate a letto. Svegliatevi la mattina e trovate questo messaggio: «Il risveglio è stato durissimo, ma sto mangiando mezzelune con il latte: un toccasana. Grazie». Per il sorriso ebete che vi accompagnerà durante tutta la giornata non abbiamo trovato rimedi.

Buon appetito e a presto, dalla vostra Suor Derelitta!

domenica 15 aprile 2007

Gran donna...

Per farvi passare la domenica con un sorriso, riportiamo di seguito il testo di una mail che ci ha spedito una cara amica. E viva le donne!

Una manager in carriera temporaneamente per lavoro a Parigi riceve una lettera dal suo fidanzato che vive in un altro paese: "Cara Claudia, non posso più continuare la nostra relazione. La distanza che ci separa è troppo grande. Devo ammettere che ti sono stato infedele 10 volte da quando te ne sei andata e penso che nè tu nè io meritiamo questo. Mi dispiace. Per favore restituiscimi le foto che ti ho mandato. Con amore, Roberto"
La donna, molto ferita, chiese a tutte le sue colleghe di lavoro che le regalassero foto dei loro fidanzati, amici, zii, cugini, fratelli ecc... Insieme alla foto di Roberto mise tutte quelle regalatele dalle amiche. C'erano 57 foto nella busta e una nota che diceva:"Roberto, perdonami, non riesco a ricordarmi chi cazzo sei. Cerca la tua foto nel pacchetto e restituiscimi il resto."

sabato 14 aprile 2007

Buon sabato!

E questo sabato qualunque è un sabato italiano…

E più sabato qualunque di così… Mi sveglio alle otto e mezza in preda allo starnuto, con il respiro sibilato e gli occhi da lumaca. Cosa è fiorito, un albero di allergeni sotto il mio letto? Provo a riaddormentarmi, ma niente da fare, devo alzarmi: dopo circa un’ora di lacrimare assumo un aspetto umano. E mi dedico a quel punto ai lavoretti domestici: metto la musica a manetta, scarto l’idea di pulire il bagno in hot pants per aumentare l’autostima (uccidete chi scrive gli articoli di questo genere su Cosmopolitan) e strofino, aspiro, riassetto, riordino, metto le stelline profumate negli armadi (che gioia).
Ieri sera io e Mafy, dopo essere state abbordate all’aperitivo da un tamarro in jeans strappati e scarpe puntute modello «Aladino», siamo state al cinema a vedere «The Illusionist». Non ho ancora capito se il film mi è piaciuto o meno, ma si fa guardare e soprattutto è comprensibile senza grande impegno. E il protagonista, a discapito delle spallucce rachitiche che Mafy ha paragonato a un appendino, secondo me è molto sexy (o forse anche l'ormone risente del polline? Attendo conferme femminili, ecco la foto).


Derelitte si nasce, no? E giustamente siamo finite nei posti migliori di tutta la sala: alla mia destra una coppia di fidanzatini che ha limonato per tutto il film, alla sinistra di Mafalda il corridoio. Dietro di noi due maiali, presumo, che hanno ravanato per dieci minuti buoni nel barattolo dei pop corn ormai vuoto per raccattare le ultime briciole, facendo un fastidiosissimo rumore di criceto che scorrazza sul fondo della gabbia. Mafalda, che ha la pazienza di Giobbe, dopo un po’ non ci ha più visto: ha girato la testa e ha esclamato: «ALORA? Cosa ci sono, le pantegane?», senza gesto del dito perché era tumulata sotto una giacca. È tornato il silenzio. Io avrei riso, ma stavo ciucciando una caramella balsamica dopo l’altra (di Mafy, tra l’altro, grazie amica) per contenere il raspino.
Che seratona.
Fuori splende un sole meraviglioso: mi imbottisco di anti tutto e sfido gli orrendi pollini.
Buon sabato a tutti.

venerdì 13 aprile 2007



ABC=niente commenti... Blogger ci odia.

E voi fregatevene, scuotete i capelli e commentate qui.
OH!

L'ABC delle Derelitte parte quarta Q-S

Q


Quorum [quò-rum] s.m. inv. 1. Numero di componenti di un organo collegiale indispensabile per la validità di una votazione o di un’adunanza. 2. agg, di tinovica origine usato dalle derelitte per indicare un uomo storto (per la genesi dell’aggettivo, provate a scrivere «storto» con un qualsiasi telefonino dotato di T9 e controllate la prima ipotesi di parola): «Ma guarda che saranno robe... prima fa tutto il carino e poi sparisce... ma perchè?« «semplice, è un uomo quindi è quorum» «fffffffffffffffff (vedi)».


R


Rattaria [rat-ta-rì-a] s.f. 1. dal trentino, cosa di poco conto, brutta, raffazzonata alla bell'e meglio: «Non comprare quella rattaria, sai?». 2. traslato, indica una persona poco piacevole: «Ecco, pure quella si è trovata l’uomo…» «Dai valà, piuttosto che tirarmi su quella rattaria sto da sola a vita».


S

Salve [sàl-ve] inter. 1. formula di saluto o augurio: «Salve, amici!» «Che cazzo vuoi?» 2. s. m. pr. comune in provincia di Lecce, a circa 30 chilometri da Santa Maria di Leuca, da dove le derelitte transitano ogni giorno durante i soggiorni salentini 3. Salve salve!, esclamazione associata a sventolamento di mano prodotta dalle derelitte alla vista di ogni cartello riportante il nome della località sopraccitata. A forza di sentirlo ripetuto ossessivamente, pure il povero Lex, adesso, imita la frase a pappagallo ogni volta che vede il cartello, e ride: i suoi amici non se ne fanno ancora una ragione.


Sciacquetta [sciac-quét-ta] s.f. 1. lavapiatti, sguattera 2. per estensione, donna mediocre e insignificante, che si comporta in modo frivolo e leggero. 3. per proprietà transitiva, rientrano in questa categorie tutte le ragazze che per qualsiasi motivo non vanno propriamente a genio alle derelitte; in particolare qualsiasi essere femminile (dai 2 agli 88 anni) che si avvicini alle meraviglie: «Chi cazzo è quella sciacquetta che gli si è avvicinata? Brutta, guardala, guardala, e poi come minimo sarà anche stupida». «È sua sorella…». «Ah. Bei capelli però… Magari è simpatica!».


Stitico [stì-ti-co] agg. 1. che è affetto da stipsi 2. fig., chi è restio nel concedere, avaro. 3. in particolare, stitico sentimentale: chi non è in grado di dimostrare i sentimenti: «Ma ti pare? Io gli dico che gli voglio bene, che per me è importante, che vorrei che il nostro rapporto crescesse e lui? Fa culo, fa (vedi)!». «Eh, hai beccato lo stitico sentimentale…» «Che provi con le prugne, allora!». (Nota: gran parte degli uomini delle derelitte sono affetti da questa caratteristica stipsi sentimentale: ci viene il dubbio di essere come la cioccolata, buone buone ma se ingerite in grande quantità «stringiamo».)


Splendida [splen-dì-da] agg. f. 1. di mirabile bellezza, di eccezionale perfezione: «Mi ha detto “stasera sei splendida”». «Ah, e poi?». «Mi sono svegliata». 2. fras. der. fare la splendida: fingere di non preoccuparsi, di non curarsi di qualcosa o qualcuno, di infischiarsene, possibilmente cercando di apparire perfetta, una gran donna moderna e indipendente: «Ma ti ha detto di scendere la sera perché il pomeriggio gioca la maggica?» «Sì, proprio così...». «E tu?». «Ho fatto la splendida e gli ho detto che devo guardare come organizzarmi». «Ah. E adesso? Cosa pensi di fare?». «Intanto piango... Passami i fazzoletti, va…»


Sgnaus [sgnà-us] s.m. 1. odore, sapore di ciò che è vecchio e ha perso freschezza, che sa di muffito, di stantio, di umidiccio mal asciugato: Guarda, non solo era antipatico, ma puzzava pure di sgnaus. 2. in particolare, odore di sgnaus, odore non meglio identificato che soggiornava nella casa affittata dalle derelitte per la prima vacanza in Salento. Dopo una battaglia a colpi di Oust durata due giorni, per un fortuito caso le Derelitte trovano il mocio vileda abbandonato umido dietro una porta dai precedenti inquilini. Il mocio finisce la vacanza abbandonato in una doccia all’aperto sotto la scala esterna: eliminata la fonte di sgnaus, in casa Zaccaria (vedi) torna il sereno.



Stelline [stel-lì-ne] s.f. vezz. 1. piccole stelle 2. formato di pastina da minestra adorato dalle derelitte, specialmente se all’uovo. Alimento consolatorio obbligatorio nelle serate tristi e menose: a seconda della gravità della malinconia aumentano il numero delle stelline nel brodo («spesse» o meno) e la quantità di formaggino sciolto: «Cosa mangi stasera?» «Stelline…» «Ah. Ma spesse?» «Sì, e col formaggino…» «Capisco» «Ahcomesoffro (vedi)».

giovedì 12 aprile 2007

Per apparire bisogna svenire

Derelitte in palestra parte seconda. Anzi, di derelitta in questo caso c’è solo Callista. Ieri: lezione di fitness latino, che si è rivelata essere per metà yoga spinto, con dieci donne scalze che si contorcono soffrendo come i cani, ma fingendo agilità. Il mio pensiero, in questo caso, va ai soliti vent’anni di danza buttati nel cesso: non arrivo più a toccarmi le punte dei piedi ma almeno sono l’unica che allunga le cosce in arabesque, cari miei, perché la classe non è acqua.

Dopo i primi venti minuti di stretching (e piegati, e allungati, e fai il triangolo, e arrotonda la schiena e toccati i piedi con la punta del naso, svitati un’anca, slogati due scapole e snoda tutte le vertebre una a una), mi parte un simpatico capogiro che non promette niente di buono. Maledizione alla respirazione yoga: sono andata in iperventilazione. Onde evitare di svenire in sala, trotterello silente verso la porta soffiandomi il naso e fingendo un inarrestabile attacco di allergia, pensando così di raggiungere indenne lo spogliatoio e lì morire con tutta tranquillità senza dare troppo spettacolo (regola della perfetta derelitta numero mille: soffri in silenzio e dignitosamente). Borbotto qualcosa a Mafalda che tenta di congiungere le braccia sulla schiena passandole sotto una gamba e non rimetto nè scarpe nè calzini, che le gambe mi tremano: ma non passo inosservata, perchè l’insegnante (spagnola) mi dice «Che sucedi? Che te viene sangre de naso?» e io «No, no, allergia, torno subito».

Tre minuti di relax in spogliatoio e sono pronta a sculettare di nuovo; per sicurezza, però, passo davanti alla reception con l’intento di fregare una caramellina e riportare gli zuccheri a livelli decenti, ma mi trovo davanti Pinocchio Muscoloso: «Ciao, bella donna». «Ciao…», rispondo, e lo maledico in silenzio perché mi copre tutte le caramelle; ma piuttosto che chiedergli di spostarsi, mostrandomi così donna bisognosa di zuccheri, collasso senza nemmeno un gemito.

A quel punto non mi resta che infilare la porta della sala dove si fa il corso, ma Pinocchio mi ferma e mi fissa i piedi. Io odio che mi guardino i piedi: fino a qualche anno fa non sopportavo nemmeno di mettere i sandali. Mi imbarazzo: ci sarà qualcosa di psicologico, presumo, ma un estraneo che mi guarda o (orrore) tocca i piedi per me è fastidiosissimo. Meglio il sedere, giuro. Ma Pinocchio è implacabile: «Cavolo, che bei piedi che ha ‘sta donna…». Io sorrido: non ho nemmeno i pantaloni lunghi sotto cui far sparire le mie laccatissime estremità. E lui: «Veramente, sai? Hai dei piedi bellissimi…». Io batto in ritirata: «Tutto merito dei carboidrati…». E scappo. Lui ride. Ma oggi pomeriggio abbiamo l’allenamento con lui. Prevedo numeri da circo.

mercoledì 11 aprile 2007

La cena dei cretini

Pasquetta.

Verso sera arriva un invito da Azzurro:”Domani Righetta, Arbusto ed io (per chi si è perso le puntata precedenti, sono i suoi fratelli) andiamo a cena nel locale di un nostro amico. A te e Callista farebbe piacere farci compagnia?”

Se ci farebbe piacere? SE CI FAREBBE PIACERE???? Ceeeeeeeerto che si!

Contengo a stento l’euforia di rispondergli con un “si, ti amo anch’io” e fingo spudoratamente di dover chiedere conferma a Cally. Ovvio che si va… non le do nemmeno la possibilità di dire di no. Le perdonerei il fatto di tirarmi bidone solo se avesse in programma un’uscita con LUI.

Dopo un’oretta confermo la nostra presenza ringraziando dell’invito.

Ieri sera.

Ci facciamo carine (molto carine) e alle otto siamo prontissime. Puntali arrivano i tre fratelli con l’astronave (leggesi monovolumene immenso con milleduecento posti disposti su tre file e un cruscotto con tanti di quei pulsanti illuminati da fare invidia a Super Car).

Scendono tutti e tre per salutarci, baciarci (che carini!) e farci mille complimenti. Mentre noi ci tratteniamo dall’emettere degli urletti d’entusiasmo per come sono vestiti. Ahhhhpperò!!!

Saliamo in macchina e, in ricordo nostalgico delle gita scolastiche, Cally ed io ci sediamo in fondo. Si ride, si scherza, si canta e in un’oretta abbondante siamo al locale.

Posto molto carino vicino al lago. La serata procede divertente e gioviale tra un antipasto di mare, una pasta allo scoglio, una grigliata di pesce e uno, due, tre, quattro bicchieri di vino (Cally ed io rimaniamo nettamente indietro, soprattutto io che mi inchiodo al secondo bicchiere di bianco frizzantino consapevole che una quantità maggiore mi farebbe ballare il ballo del qua qua, nuda, sul tavolo). Verso fine serata si aggiunge a noi il proprietario del locale che conosce benissimo i ragazzi. Cominciano a prendersi in giro vicendevolmente facendo schiantare dalle risate noi derelitte. E, ovviamente, tra una risata e l’altra, vai di brindisi e di digestivo … Evviva!!!!

Poco dopo mezzanotte decidiamo che è tempo di andare. Torniamo alla macchina e riprendiamo le postazioni dell’andata: Righetta alla guida, Arbusto alla sua destra, Azzurro nella fila di mezzo e, nelle retrovie, Callista ed io.

Dopo pochi chilometri il nostro autista ci comunica di vedere tre corsie anziché le due canoniche (ed effettivamente esistenti) e che ha bisogno di riprendersi un attimo e smaltire qualche bollicina prima di rimettersi in viaggio. Noi derelitte, zelanti, ci offriamo subito di prendere la guida ma da tutti e tre arrivano dei pareri negativi “La macchina nuova … no, no, no!” “nooooo, è troppo grande … non avete l’occhio” “ma nemmeno morto!” …. Grazie per la fiducia, grazie!

Vabbè … e pausa sia!

Ore 00.30, fermi nella campagna trentina, su un’astronave con un finestrino abbassato (Arbusto ha le scalmane!). Righetta decide di raggiungerci nelle retrovie per fare due chiacchiere, abbandona il posto davanti e con una sonora capocciata seguita da coloriti ed inediti improperi si accomoda vicino ad Azzurro nel sedile della fila centrale.

Nel bel mezzo di una conversazione sui massimi sistemi (che a quell’ora e con tutto quel vino in corpo è sicuramente ricca di perle di saggezza) dalla radio esce il gioioso motivetto “Gelato al cioccolato, dolce e un po’ salato tu …”

Derelitte in coro: “gelato al cioccolato!”

Nooooo, daiiiii … Pupo no! Su, non si può ascoltare Pupo. Con immenso orrore scopriamo che non si tratta della radio ma di un cd. Sarete pure dei gran bei figlioli ma avete dei gusti musicali quantomeno opinabili. Pretendiamo che venga cambiato subito cd e ci rivolgiamo ad Arbusto scoprendo che si è addormentato. Ahhhhh andiamo bene!

Nel frattempo Azzurro è colto da un attimo di coccolite acuta e mormorando mi chiede: “Vieni davanti vicino a me … massaggini, massaggini!” Guardo Righetta che, contento di abbandonare il fratello e andare a sedersi vicino a Callista, mi dice “Brava, Annalisa, bell’idea, vieni al mio posto!”

“Annalisa??? Ma mi chiamo Mafalda!” “Lo so, ma non me lo ricordo mai … secondo ma hai la faccia da Annalisa” Vabbè, dopo la figura di averli scambiati non mi posso nemmeno lamentare più di tanto … ufff

Mi accoccolo vicino ad Azzurro, gli accarezzo i capelli e gli massaggio il collo … e annuso il suo buon profumo mentre Righetta tenta di avvicinarsi a Callista che lo tiene a debita distanza.

Improvvisamente … una voce dal nulla

Arbusto: “Ho fameeeeee! Voglio il Kebab!”

Righetta, Azzurro, Derelitte: “Ma sei fuori???? Abbiamo finito di mangiare dieci minuti fa!”

Arbusto: “ma io ho fame … e ho freddo. Perché mi avete aperto il finestrino?”

Azzurro: “sei stato tu ad aprilo, stordito!”

Arbusto:”Nooo, siete stati voi. Lo so! Siete i soliti bastardi. Lo fate apposta così poi io mi ammalo, muoio e voi ereditate anche la mia parte!”

Derelitte: “Ellaaaaaa … Giannone anche tu, oggi?”

Righetta: “Dai, continua a dormire … va!”

Arbusto, buono, buono, chiude il finestrino e si rimette a dormicchiare (almeno ha la balla simpatica e obbediente) mentre nella zona sud si riaccende la conversazione.

Callista osserva con interesse le stelle attraverso il tettuccio. E qui il colpo di genio di Righetta che con un “così le vediamo meglio!” attiva una leva che in un nano secondo ribalta i sedili e li fa ritrovare, praticamente, nel baule. Cally, con un colpo di addominali che renderebbe orgogliosissimo mister Pinocchio muscoloso, si mette seduta mentre Azzurro dice al fratello: “Bastardooooo, non mi avevi detto che si poteva fare questa cosa … ma così è molto più comodo (saltando come un grillo in mezzo a Righetta e Callista) … Mafalda, la prossima volta lo ribaltiamo, così non ci lasci il ginocchio!”

Grazie, Azzurro, grazie … se vuoi raccontare i particolari fai pure … tanto la mia amica li sa già … eventualmente mettiamo al corrente anche tuo fratello… ma mi esce solo un “ah … vedi …!”

Dopo questa scoperta Azzurro è improvvisamente sveglio e loquace. Comincia a tenere banco e a chiacchierare senza sosta. Righetta lo guarda con un sottile velo di astio per averlo allontanato da Callista mentre noi derelitte ridiamo di gusto per la situazione al limite del surreale. Ad un certo punto il colpo di genio.

Azzurro: “Volete vedere il mio perizoma nuovo zebrato?”

Derelitte (con sguardo di terrore!) “Nooooooo!”

Azzurro: “Daiiii, l’ho comprato oggi perché ho perso una scommessa … è carino!”

Mafalda: “no, per piacere … che brutta immagine … il perizoma zebrato … beach!”

Callista: “Dai, valà … che poi me lo sogno anche la notte!”

Azzurro: “ma non è così male … e poi dovrei stare bene con il perizoma… “ e dicendo questo si alza dal sedile posteriore, si abbassa i jeans e mostra il culo alle derelitte scostando i boxer per dare valore alla sua convinzione. Con quel sedere lì starebbe bene anche con i boxer con il pennello da barba ma lo zebrato, no … non lo reggo.

Callista: “beh … “

Mafalda (tenendosi le mani per non toccargli il sedere) “mahhhhh…”

Dopo questo teatrino Righetta si è ripreso del tutto e ha deciso che era ora di andare. Scuotendo il capo come per disconoscere il fratello cerca di raggiungere il posto di guida.

Ma a quel punto si risveglia anche Arbusto, il quale, dopo essersi dato una rapida occhiata in giro esclama: “Ho un’idea … perché non facciamo sesso tutti assieme?”

Scoppia una risata generale: ma aspetta un po’, sono le derelitte che ridono, di gusto: i ragazzi ridono meno, molto meno… A quel punto Calllista scatta in avanti, prende le chiavi a Righetta e dice “Bè, è tardi, direi che è proprio ora di andare”. Il finale ve lo lascio immaginare… come dire? Siamo due donne, non siamo due sante … ma siamo pur sempre due derelitte!

martedì 10 aprile 2007

Pasqua con chi vuoi?

E anche la Pasqua 2007 se ne è andata: due giorni piacevoli e rilassanti, tra parenti e pasquetta fuori porta (con giro in moto incluso, evviva gli uomini su due ruote). Adesso ho una scatola con dentro un chilo e passa di cioccolata derivato dalla rottura di quattro uova e sto cercando di autoconvincermi che mangiarla tutta subito non è bene. Non so dove trovare un’argomentazione valida, però… Forse potrei pensare che se ne mangio poca alla volta mi durerà più a lungo e quindi il piacere sarà prolungato: ma i miei ormoni ballerini non sono d’accordo. Urge un lucchetto.

La parte più eccitante del week end? Sicuramente domenica, quando la nonna è rimasta chiusa in bagno. Mio padre proponeva metodi risolutivi (tipo spallate alla porta, smontaggio dei cardini, ecc.) e così, davanti alle misericordie di mamma e zia, mi sono improvvisata Mac Giver in gonnella: ho smontato con metodo la maniglia, messo del lubrificante nella serratura, girato con la pinza la chiave che si era incastrata, e la nonna è uscita tutta sorridente, commentando la sua disavventura con un «Che bel, farò rider le me amiche» (ossia, «che bello, farò ridere le mie amiche»). Noi eravamo sinceramente preoccupati del fatto che si fosse spaventata, ma in realtà eravamo noi i più allarmati, perché la nonna se la rideva di gusto. E alla mia esclamazione: «Nonna, cavolo, perché ti sei chiusa dentro? Se non si girava la chiave dovevamo chiamare i pompieri!» ha risposto «Sacramento! Se’l savevo te i fevo ciamar, che magari gh’era qualche bel putel!» (ossia «Caspiterina! A saperlo te li facevo chiamare, che forse c’era qualche bel ragazzo!»).

Pure la nonna cerca di farmi rimorchiare. Sono messa malissimo.

domenica 8 aprile 2007

L'ABC delle derelitte - parte terza H-P

H

Ho spellato [ho-spel-là-to] v.transitivo difettivo che possiede solo il passato prossimo 1. mi sono privato di gran parte della pelle a causa di un abbronzatura selvaggia: L: «ho messo l’olio e ho già spellato due volte» (bravo, scemo…). M: «Ho spellato? Ti sei spellato…» «No, IO ho spellato…». M: «Appunto…». L: «Còme?». 2. decl. ho spellato, hai spellato, ha spellato, abbiamo spellato, avete spellato, hanno spellato (e i produttori di doposole ringraziano).

I

Imbecillo [im-be-cìl-lo] agg. 1. accrescitivo del più comune «imbecille», riservato esclusivamente a persone e/o animali di sesso maschile: «Perché mi dice che mi vuole vedere e poi non mi invita a uscire?».«Perché è imbecillo, ecco perché».

L

Lipposo [lip-pò-so] agg. 1. dal salentino: appiccicoso, attaccaticcio, che forma una massa unica e indivisibile: C: «Butto le bavette?» Lex: «Nooo, le bavette non mi piacciono, sono lippose». M: «EH?» Lex: «Lippose. Che attaccano, no ?». C: «Ma io le ho appena buttate!». M: «Tirale su! SUBITO!».

Lavoro [la-vò-ro] s.m. 1. esercizio di un mestiere, di una professione, di un’arte; occupazione retribuita. 2. fras. der. Buon lavoro!, augurio da posizionare rigorosamente alla fine di un sms al limite della pornografia inviato alle meraviglie. L’intenzione è di stemperare l’atmosfera torbida del messaggio, il risultato è decisamente paradossale: C: «Ciao, stanotte ti ho sognato. Sembrava tutto così reale che quando mi sono svegliata non capivo perché non fossi con me. Non vedo l’ora di potertelo raccontare dal vivo. Ti voglio, da morire. Un bacio e buon lavoro!». M:«Ma sei scema? Gli hai scritto veramente buon lavoro?»
3. trasl. nell’uso comune delle derelitte, indica il messaggio ammiccante utilizzabile per ogni occasione: «Gli hai scritto? Cosa?». «Il solito. Genere “ti ciuccio come una cozza. Comunque buon lavoro”».

Lezionare [le-zio-nà-re] v.tr. 1. dallo sgrammatichese, impartire un severo rimprovero, un rigoroso ammonimento, una grave punizione: Ma io la leziono, sai, che razza di donna è una che fa così?


M

Meraviglia [me-ra-vì-glia] s.f. 1. persona, cosa, evento o sim. che suscita stupore per la sua eccezionalità o ammirazione per la sua bellezza. 2. nelle derelitte, dicesi di uomo schifosamente bello, simpatico, attraente, sexy, profumato, misterioso e proporzionalmente storto e imbecillo (vedi), capace di trasformare una donna in derelitta: «Ma come ho fatto a ridurmi così?» «Eh, hai incontrato la meraviglia…». «Ahcomesoffro (vedi)».


Menelik (lingua di): [lin-gua-di-me-ne-lìk] s.f. 1. Giocattolino carnevalesco formato da un lungo tubo di carta variopinta, schiacciato e arrotolato su se stesso; allorché vi si soffia dentro, si svolge rapidamente fischiando; quando cessa il soffio, torna, con l’aiuto di una molla, alla posizione primitiva. Prende il nome dall’omonimo negus d’Etiopia, dotato, a quanto pare, di una lingua particolarmente pungente. 2. trasl. ad indicare l’ultimo tassello per completare un quadro di aspetto o comportamento già abbondantemente sopra le righe: Ma quanta roba ha addosso quella lì?Cosa vuole anche, una lingua di Menelik?

Mi fai un sangue [mi-fai-un-sàn-gue] fras. inv. 1. esclamazione rivolta a derelitta che controlla la meraviglia da giovane siculo particolarmente focoso nel vano tentativo di concupirla: Non sai cosa ti farei… Mi fai un sangue…

N

Nazista [na-zì-sta] s.m. 1. ex «personal trainer» delle derelitte: un metro e novanta per cento chili di muscoli, con metodi ginnici risolutori: N: «Bene, cucciole, vi metto giù io un programmino, vedrete che risultati: e sennò abbiamo sempre la soluzione ultima.» D. (speranzose): «Ah, sì?». N: «Certo, l’affettatrice. Via a sudare!».


O

Oust [oust] s.m. 1. deodorante per la casa, che non copre gli odori, ma li cancella. 2. compagno di vacanza delle derelitte durante la prima trasferta salentina, nel vano tentativo di debellare l’odore di sgnaus (vedi) di casa Zaccaria (vedi). 3. fig. Miss oust, soprannome di Callista, eletta senza rivali causa utilizzo costante e improprio del prodotto in questione: M: «Ma cosa cavolo fai?» C: «Senti che odore di sgnaus che c’è, deve andare via». M: «Ma no sui divaniiii!». C: «Dappertutto, DAPPERTUTTO!» M: «No, nell’armadio no…» C: frrrt frrt frrrrrttt (spruzza imperterrita).


P

Piattola [piàt-to-la] s.f. 1. pidocchio parassita dell’uomo. 2. fig. individuo fastidioso di cui non si riesce a liberarsi. 3. var. piazzòlla, neologismo di formazione lexica: L: «Mafy, la barista mi ha guardato male…». M: «Per forza, sono due ore che le chiedi cosa c’è nei tramezzini…». L: «Ma perché il tonno non mi piace, e neanche le uova (faccina contrita). Mi ha detto che sono una piazzòlla». M: «Eh?». L: «Una piazzòlla». Barista: «No, ti ho detto che sei una piattola». L (a Mafalda): «E cosa vuol dire?». M: «Che sei un rompicoglioni». L: «Ah».

Pianeta porco bastardo [pia-néta pòr-co ba-stàr-do] s.m. 1. Pianeta che gravita nel quadro astrale delle derelitte, provocando congiunzioni infauste, bizzarre, o più semplicemente sfigate: «Ma perché, perché mi fila il fratello sbagliato?». «È il pianeta porco bastardo».
È scientificamente intoccabile, anche se le derelitte minacciano spesso e volentieri di neutralizzarlo con i più disparati metodi: a sassate, a sputi, a improperi, con le pive, con la fionda, a badilate, facendogli il malocchio. Preghiera frequente «Pianeta porco bastardo, voltati in là», detto prima di appuntamento o uscita importante, solitamente con scarsa riuscita.


Piedini morbidi [pie-dì-ni mor-bì-di] s.m. pl. 1. estremità inferiori delle derelitte, che si presentano ad ogni occasione rigorosamente setosi, soffici al tatto e con french pedicure. 2. fras. fig. avere i piedini morbidi, aver passato la notte rigorosamente da sole (solitamente dopo essere state bidonate) e aver quindi potuto applicare la maschera idratante ed emolliente ai piedi, con tanto di calzino per far assorbire il tutto: «Com’è andata ieri sera?». «Ah, guarda, ho i piedini morbidissimi». «Capisco». «Ahcomesoffro (vedi)».

Pigna [pìg-na] s.f. 1. frutto conico delle conifere. 2. fig. persona musona, antipatica, poco di compagnia: maronna, chi è quella pigna che si è tirato su? 3. accr. pigna in culo, cosa o persona fastidiosa, insopportabile: Toglimi dalla vista quella pigna in culo. 3. Usi fras.: avere una pigna in culo, essere infastiditi da qualcosa o qualcuno; fare la pigna in culo: rompere episodicamente le scatole con metodo e disciplina, diverso dall’essere una pigna in culo, che è invece irreversibile.