Vuoi vedere che sta rinsavendo? Vuoi vedere che l’estate gli fa bene? Vuoi vedere che il mio sogno di passeggino con due gemelli, anello di brillanti e pellicciotto alla J-Lo (ok, è un sogno un po’ tamarro, ma ogni tanto ci sta) non è ancora da buttare nel gabinetto? Ma modero le scene di gioia: scuoto i capelli con grazia, sbatto gli occhi (come insegna la Mafy) e accetto: «Ma sì, dai, ti faccio compagnia…».
Grazie al cielo mi ero perfettamente depilata al mattino.
Dopo i consueti rituali di accoppiamento (la poesia è il mio forte, oggi), ci mettiamo a chiacchierare sul letto, con le finestre aperte. Entra una brezza meravigliosa. Dopo cinque minuti gli occhi mi si chiudono e sento LUI che mi dice: «Vabbè, Cally, ti lascio dormire che sei stanca». Grazie, meraviglia, grazie. Ma ecco che (ORRORE), LUI si alza e va a sigillare persiane e porta: «Mi dà fastidio la luce, sennò non riesco a dormire». Temo già che la stanza si trasformerà a breve in un altoforno, ma sia mai che io contraddica la meraviglia. E poi sono stanca mort… Zzzzzzzz…
Alle due e dieci mi sveglio in preda a un caldo mai sentito. Sono in ebollizione. Tento di spostarmi al centro del letto, ma la meraviglia dorme a stella marina peggio della Coniglia. Provo a rimanere immobile, ripetendomi come un mantra «Non fa caldo, non fa caldo, non fa caldo». Ma vaffanculo anche al pensiero positivo, fa caldo eccome. Decido di alzarmi in punta di piedi e di andare a prendere aria.
Problema: in questa camera mi oriento malissimo e, soprattutto, non vedo una sega. Risolvo accendendo il cellulare che mi illuminerà il cammino: piano piano scendo dal letto, mi faccio luce con il telefono e mi avvio verso la porta. Che brava che sono, LUI dorme placido e tranquillo e non si è accorto di nulla. Prendo la maniglia, abbasso e tiro: ed ecco che la porta fa resistenza e emette un gemito atroce. Maledizione ai pavimenti vecchi… In quella mi cade di mano il cellulare, che si schianta al suolo facendo un casino del diavolo. Mi paralizzo e guardo la meraviglia: che si gira appena appena su un fianco (tipo elefante che si rotola nel fango). Ce l’ho fatta, non si è svegliato nonostante il rumore. Io esco di soppiatto e vado in bagno, dove mi siedo sul coperchio del wc, spalanco la finestra e resto a godermi 5 minuti di fresca notte trentina.
Poi ritorno in stanza. E mi accoglie un muro di aria bollente. Provo a rimettermi a letto, ma niente, mi sembra di morire: decido di uscire ancora. Stavolta niente cellulare, visto l’esito deprimente della prima spedizione. Vado a tentoni. Mi sposto rasentando l’armadio in modo da non spantazzarmi (verbo trentino che significa «spiaccicarmi») sul letto per non disturbare il sacro sonno dell’uomo. Ce l’ho quasi fatta: ma ho fatto i conti senza l’altezza della meraviglia e al suo modo balordo di dormire. Un metro e novanta di uomo sporgono dovunque: e infatti, appena giro l’angolo del letto mi impiglio nel suo piede. LUI grugnisce e si rigira, io soffoco un’imprecazione e vado verso la porta. Altro gemito del legno e in due secondi sono sul poggiolo: oddio che gioia. Ci resto una decina di minuti, poi rischio di addormentarmi lì: e farmi trovare al mattino rotolata giù dalla sdraietta con la testa poggiata sul bidoncino dell’umido mi pare poco grazioso. Faccio l’ultimo tentativo e mi dirigo ancora una volta verso il letto: e trovo una fonderia.
A questo punto non mi stendo nemmeno: mi siedo sconsolata. La meraviglia deve essere di amianto, perché dorme felice e placida e ha la pelle fresca fresca: una salamandra. E io, evidentemente, devo essere in menopausa. Non ho scelta, devo alzare le tapparelle. Appena alzo il mio dolce peso dal materasso, LUI mi chiama: «Cally, non stai bene che sono due ore che vai avanti e indietro?».
Primo pensiero: ma vaffanculo, io sto cercando di fare Arsenio Lupin per non svegliarti e tu solo adesso ti degni di rivolgermi la parola? Mi risparmiavi venti minuti di maldestri tentativi, pirla.
Secondo pensiero: se veramente fossi stata male, potevi anche farti venire il dubbio prima, che nel frattempo potevo anche morire, cretino.
Ovviamente cosa può aver detto la vostra Cally di tutto ciò? «Ma no, non preoccuparti, ho solo caldo. Anzi, scusa se ti ho svegliato».
Se una è derelitta, lo è fino in fondo, no?
LUI è stato magnanimo: «Ma apri la tapparella… Potevamo lasciarla su anche ieri sera se mi dicevi che avevi caldo».
Ma immenso somaro, prima di dormire ti sei alzato e mi hai sigillato in un bunker antiatomico dicendo che ti dà fastidio la luce, secondo te io oso contraddirti? Eh? Ti ricordo che sei l’uomo che io vorrei sposare e con cui vorrei fare ottocento figli, se solo non fossi uno stiticone sentimentale: secondo te per una volta che mi fai fare da fidanzata vera io mi permetto di contraddire la tua volontà? Su delle tapparelle? Ahahah.
Ovviamente ho risposto in questo modo: «Davvero? Grazie… Ma se ti do noia la luce, svegliami che le chiudo».
Tempo tre secondi e, grazie alla brezza notturna, russavo elegantemente stravaccata a pancia in su.
La mattina dopo, mentre facevamo colazione, l’uomo ha anche osato dirmi che aveva dormito proprio bene, con l’aria fresca che entrava dalle tapparelle alzate: «Anzi, Cally, la prossima volta che dormi qui lasciamo tutto su, così sei contenta, ok?».
Lo sapevo che non dovevo accorciarmi il ciuffo davanti: adesso come lo sistemo nell’acconciatura da sposa?