martedì 31 marzo 2009

Massimo, Massimo, Massimo!

Il programma di latino di seconda della vostra Callista prevede un modulo sui giochi dell’arena. All’interno, oltre alla lettura di testi in lingua di Seneca e Plinio (giusto per salvare le apparenze, mostrare che non mi pagano per niente e rassicurare la Gelmini), ho previsto la visione del film Il gladiatore, per spezzare la monotonia dell’insegnamento.
Ok, come scusa per vedere Russel Crowe seminudo al top del suo splendore è un po’ misera, ma tant’è…
Alla fine del film, tra ragazzine in lacrime e maschietti caricati di testosterone e orgoglio quasi virile, è partita una discussione sulla veridicità della storia appena vista. Non so come, ma siamo arrivati a fare il punto sulla differenza tra le tappe della vita dell’uomo moderno e di quello antico.

C: Cari ragazzi, alla vostra età i romani erano già pronti per il matrimonio. Sorvolerei sul fatto che alla mia di età probabilmente erano già nonni, e il primo che osa dirlo finisce dal preside in ginocchio, come sulla Scala santa…
A questo punto un ragazzino ha fatto la fatidica domanda: «Prof, ma quindi un uomo a cinquant’anni era anziano…».
C: Certo, se ci arrivava: la vita media era molto più breve di adesso, e poi c’erano le guerre, le malattie…

Ed ecco che è intervenuto il genio di turno: «Bè, allora nel film c’è qualcosa che non va, perché Massimo, che combatte ancora, quanti anni avrà? È vecchio… Ne avrà almeno quaranta…».
E qui mi sono venuti i brividi: partendo dal fatto che l’amico Russel e i suoi esposti muscoli avevano solo trentacinque anni all’epoca del film, se i miei studenti vedono vecchio lui, io sembrerò una balena avvizzita e triste. E pure zitella. Ah ah.
Ho risposto piuttosto seccata: «Ma come fai a dire che è vecchio? L’hai visto almeno? Se è vecchio lui allora…»
E il ruffiano ha compreso: «Ma no, prof, lei avrà al massimo ventidue anni».

Brutto nano adulatore falso. Devo insegnargli a mentire meglio.
Oh bè, tanto avrà di nuovo tutta la seconda liceo per impararlo. Perché loro saranno anche spudorati, ma il prossimo tema di latino lo scelgo io.

lunedì 30 marzo 2009

Ora legale... prrrrrrr

Aiuto!
Odio l'ora legale.
Già è primavera.
Primavera per modo di dire visto che stamattina le montagne sono tutte imbiancate.
Ma è un dettaglio.
Già è primavera e uno è scombussolato dalle giornate più lunghe, gli alberi che fioriscono e le rondini che svolazzano.
Già c'è la spossatezza di marzo.
Già c'è la sindrome da bradipo assonnato ossia la voglia di rimanere perennemente sotto il piumone a fare nanna e crogiolarsi nel calduccio.
Già c'è quella temperatura bizzarra e fa quasi più caldo fuori che in casa.
Insomma... già uno c'ha i suoi bei problemini...
E che succede???
Succede che ti rubano un'ora.
Una preziosissima ora di sonno.
No, dico... stiamo scherzando?
Qualcuno ha suggerimenti per uscire indenni dal jet lag dell'ora legale???

mercoledì 25 marzo 2009

... è primavera...

Ehhh già... E' primavera.
Le rondini cinguettano, il sole splende in cielo, gli studenti di Cally cercano cose assurde sui vocabolari, ci si prepara al cambio dell'ora... e la Mafy... La Mafy si ammala.
Sono tre giorni che sono stesa dalla febbre.
38 costante, giorno e notte. Niente mal di gola, niente tosse, solo un raffreddore inquietante. Quelli che ti fanno starnutire senza soluzione di continuità. Praticamente sembro Chobin. Ve lo ricordate il cartone animato? Era un principe stellare arrivato per caso per la terra. Un cumulo di pelo azzurro che andava in giro saltellando (Chobin ... ma com'è carino il nostro Chobin boing boing corre e saltella, rimbalza come una palla con le molle...).
Ecco... la mia andatura è molto simile. Ho anche il pigiama azzurro, pensate che spettacolo!
Giustamente... sono scampata alle influenze bastarde di quest'inverno e sono crollata ai primi caldi. Quando si dice la coerenza!
In compenso ho scoperto che rimanere a casa tutto il giorno è deleterio. In tv fanno un sacco di puttanate (è un effetto collaterale della febbre, divento particolamente elegante e raffinata... ) a qualsiasi ora e io sono particolarmente incline a perdermi e guardarle tutte.
Voi lo sapevate che fanno ancora beautiful??? Ieri ne ho guardato tre minuti... una che credevo morta è viva e vegeta, Stephany ha duemila anni ma sembra ancora un dittatore, Brooke tromba sempre con tutti, indistintamente. Ormai dovrebbe avere una decina di figli da tutti i rappresentanti della famiglia Forrester. Mi chiedo ancora se è colpa della febbre o se veramente è tutto vero. Mah.
Ora vi abbandono, amici, vado a fare l'aerosol.
Poi devo guardare Ally MacBeal.
Poi devo prendere l'antibiotico.
Pomeriggio c'è Smallville, devo leccare lo schermo guardando Lex Luthor
Poi devo finire delle parole crociate che ho iniziato ieri.
Poi c'è il siur Gerry.
... Insomma... è dura la vita per una derelitta ammalata.
Baci a tutti (senza bacilli)

martedì 24 marzo 2009

Calculator, calculatoris (?)

Il fatto che stamattina uno studente, scandalizzato per non averlo trovato sul dizionario, mi abbia chiesto come si dice "computer" in latino significa che è proprio arrivata la primavera...

lunedì 23 marzo 2009

Porky pig

Venerdì pomeriggio ero sospesa nel limbo post prandiale (di una succulenta insalatina con i gamberi, sob) e me ne stavo seduta in sala insegnanti in attesa di iniziare il consiglio di classe.
Per evitare di sembrare la morte appena scongelata, durante la pausa pranzo mi sono data un po’ di fard rosato e una passatina di gloss luccicante. Effettuato il restyling, ho aperto le verifiche di latino e mi sono appollaiata sulla poltroncina, inventandomi un’aria vagamente impegnata che coprisse l’orrenda crisi di sonno.
Tempo tre minuti ed è arrivata la collega di religione, quella fuori di testa che sostiene che copulare con tutti gli uomini disponibili sia un ottimo modo per dimenticare le pene d’amore e testare il possibile candidato a una vita insieme. Mi saluta con un “Ciao tesoro”: poi mi guarda e aggiunge:
“E tu cosa ci fai qui con quella bella faccia da porca?”.

Mi sa che quel gloss lì lo devo mettere più spesso.

giovedì 19 marzo 2009

Il club delle bolle ...

Durante la vacanza in Egitto ho conosciuto un sacco di gente simpatica. Io e mamma Mafaldi abbiamo avuto la fortuna di scegliere una settimana durante la quale gli ospiti del villaggio erano veramente in gamba. Unica nota stonata un tizio in ferie con moglie e figlioletto. Questo era l’antipatia fatta uomo. Girava in pantaloncini, petto nudo, scarpe da ginnastica e calzettone sportivo fino al ginocchio. Sempre. Mattino, pomeriggio e sera. Partecipava a tutti i tornei sportivi manifestando un’insana competizione. Alla partita di calcetto ha azzoppato un povero ragazzo romano, al torneo di tennis ha insultato pesantemente il capo sport per aver chiamato una palla out, nelle prove di tiro con l’arco si è messo a urlare dicendo che il materiale era scadente e poco preciso ed era per quello che i suoi tiri non colpivano il bersaglio. Alla partita di beach volley … beh… a quella è stato pesantemente sconfitto dalla magic team dove giocava anche la Mafy. Buahahahahahahahahahahaha… la soddisfazione più grande è stato vedere l’incazzatura del soggetto battuto da una squadra dove c’erano due donne. Sto imbecille!!!
Vabbè, sportivo coglione a parte, ho conosciuto persone veramente carine.
Due amici cuochi in cerca di relax dopo una stagione di fatiche, due coppie napoletane con delle bimbe spettacolari, una coppia di fidanzati toscani che bisticciava ogni tre per due e facendo sganasciare tutto il villaggio con le espressioni fiorentine, due cugini veneziani in Egitto grazie ad una vacanza premio della ditta per la quale lavoravano.
Questo era il CdB «club delle bolle». Da cosa derivava il nome? Forse dal fatto che ci trovavamo, prima di cena, a bere un aperitivo frizzante? NO. Dal fatto che tutti eravamo soggetti all’eritema? NO. Forse perché ci divertivamo a rubare le bolle di sapone a bambini? NO
Ci chiamavano così perché non appena il sole cominciava a scendere, una volta finite le mille attività che proponevano gli animatori, noi del CdB ci trovavamo, puntualissimi, nella vasca idromassaggio.
Quando si è trasgressivi lo si è del tutto oh!
Dicevamo delle amicizie. Ovviamente a fine settimana c’è il rituale dello scambio numeri di telefono, mail, contatto facebook e chi più ne ha più ne metta.
Ci si saluta nella hall e ci si ripromette di tenersi in contatto (nel 90%dei casi è un proposito che va tristemente a svanire… ma tant’è).
E così è capitato anche a me. Tranne che con i compagnucci di volo. Ovvero quelli che atterravano a Verona e hanno avuto l’opportunità, assieme alla sottoscritta, di conoscere tutti i segreti dell’aeroporto di Marsa Alam visto che ci hanno passato 22 gradi. Prigionieri di una tempesta di sabbia e di quattro buzzurri egiziani che si ostinavano a fare i gli annunci in arabo senza farci capire una cippa. Suggestivo e avventuroso, per carità. Ma anche no!
Tra i fortunati anche i due cugini veneziani già menzionati poco fa; Andrea e Lorenzo. Durante la vacanza avevo avuto modo di parlare soprattutto con Andrea. Molto simpatico, di compagnia. Mi aveva raccontato della sua fidanzata, del cambio lavoro, dei suoi progetti. Si era entrati un po’ in confidenza, insomma. Lorenzo è molto più riservato e preferiva passare le ore giocando alla PS portatile anziché giocare in spiaggia o chiacchierare. De gustibus…
In aeroporto, essendo gli unici ragazzi senza famiglia o fidanzati al seguito, era facile facessimo comunella e passassimo le interminabili ore di attesa assieme. Tra settemila caffè (come dice Alex Britti), ventimila sigarette (loro), tante chiacchiere e ancor più imprecazioni, siamo finalmente riusciti a ritornare a casa.
Qualche giorno fa apro facebook e mi ritrovo la richiesta di amicizia di Andrea.
Accetto e ci troviamo a chiacchierare in chat.
«Come va», «Come non va», «Che palle rientrare a lavorare», «Uff… Voglio tornare in vacanza» e così via. Solite chiacchiere da rientro. Fino a quando Andrea non mi dice: «Sai, Mafy, mi sono perso!»
Io, con la mia consueta furbizia ho risposto con un: «E dove dovevi andare che ti sei perso?»
Silenzio assoluto dall’altra parte.
M: «Oh, sei sparito?»
A: «No, Mafy, non hai capito… Mi sono perso per te!»
Momento di panico. Io non me ne ero minimamente accorta. In un nano secondo ho passato in rassegna tutte le nostre conversazioni per vedere se avevo, in qualche modo, fomentato questa cosa. Niente. Anzi, nelle chiacchierate fatte, spesso e volentieri parlavamo della sua fidanzata. E lui era adorante e con gli occhi a cuoricino mentre mi parlava di lei. E mo? Che gli rispondo?
Aiutoooooo.
Intuendo il mio disagio lui ha scritto che non era colpa mia, che non avevo fatto nulla per alimentare questo suo «sentimento» ma era successo che, semplicemente, una volta arrivato a casa si era trovato a pensare a me e a capire che gli mancavo.
Ussignur.
A quel punto la conversazione non poteva più andare avanti attraverso una chat di facebook. Ho preso il telefono e l’ho chiamato. Dieci minuti di mio monologo: «il clima delle vacanze è bislacco», «mi hai conosciuta in un contesto strano, idilliaco, quindi tutto sembra più bello« «non ti preoccupare che tra due giorni non ti ricorderai nemmeno chi sono»...
Certo… Ho preferito non raccontargli che anch’io qualche anno fa andando al mare mi sono innamorata follemente di un ragazzo, ho mandato all’aria una storia che andava avanti da innumerevoli anni, ho preso una tranvata clamorosa, ho passato una delle estati più belle della mia vita, poi lui ha fatto culo, io sono stata di merda e riporto i segni ancora oggi… mi pareva poco consono dirglielo.
Comunque sono risultata abbastanza convincente e sono riuscita a tranquillizzarlo un po'.
Concludendo.
Non ho rimorchiato nessuno.
Un ragazzo si è preso una sbandata per me e, cosa grave, non me ne sono manco accorta.
Facevo meglio ad accettare la proposta di matrimonio di Alì. A quest’ora ero al mare, al caldo … ecco… magari la casa di mattoni crudi non è il massimo della comodità. Ma avrei avuto l’antenna satellitare. Sia mai che mi perda la finale di «Amici». Eh.

mercoledì 18 marzo 2009

La comune

Anche le derelitte si accoppiano, a volte, e non tra loro. La vostra Cally l’altro ieri era placidamente sdraiata sotto otto metri di piumone con accanto un bellissimo uomo. No, non il professore di matematica… Un uomo molto sexy, alto e profumato, con delle bellissime spalle, forti braccia, e tante altre amenità. L’uomo in questione abita con un coinquilino che io conosco, seppur poco: che è rientrato mentre noi eravamo tranquillamente abbracciati in camera.
L’uomo si è alzato per salutarlo e ha socchiuso la porta: «Ciao, coinquilino, sono qui con la Cally». Evviva la discrezione.
Il coinquilino mi saluta da fuori: «Ciao Cally, come va? Vieni a cena domani sera che faccio gli gnocchi di patate?»
C: No, grazie, sono a dieta…
Lui: Ma vieni per la compagnia.
C: Ci penso…
Poi mi viene una pessima idea: quella di dire all’uomo sexy, alto e profumato di socchiudere la porta perché io potessi intravedere con chi parlavo; ed ecco che coinquilino mi entra in camera con due sacchi di patate e si siede sul letto. Tengo a precisare che i due hanno camere separate, e che quindi quella non era la sua…
Io mi tumulo sotto il piumone cercando di evitare che si veda ogni possibile spiraglio delle mie bianche carni. Lui inizia a chiacchierare con l’altro uomo, che resta in piedi in mutande: io fingo che sia una situazione normale e in quella mi accorgo della mia biancheria sparsa per tutta la camera: in particolare, mi cade l’occhio sul mio bellissimo perizoma di pizzo rosa appallottolato a mezzo metro dai piedi del coinquilino. Porca miseria.
Finito il discorso, mentre io ormai mi sono liquefatta sotto la coperta, coinquilino si alza e esce: «Bene, allora a domani… E buon divertimento!». Fa l’occhiolino e scompare.
Io chiedo lumi all’uomo, che nel frattempo si risdraia a letto:
C: Scusa, ma è normale fare così?
U: Tu mi hai detto di aprire la porta…
C: Sì, ma è entrato in camera. Ci sono le mie mutande, lì…
U: Eh, vabbè, sono belle.
C: Ho capito, ma anche se non le vedeva era uguale… E poi siete in un appartamento condiviso, non in una comune…
U: Ma lui non si scandalizza mica.
C: No, ma io ero un po’ imbarazzata.
U: Comunque ti si vedeva una spalla.
C: Ecco, dimmelo pure.
U: Vabbè, dai, vieni qui…
C: Sì, ma prima chiudi a chiave… Che non si sa mai…

martedì 17 marzo 2009

Perseverare è diabolico

Callista è tornata, siorre e siorri… No, non pensate a viaggi o altre cose piacevoli: semplicemente le era andato in malora il pc. Il compagno di sette anni di gioia l’aveva abbandonata: ma d’altronde, essendo un regalo dell’ammutinato, non poteva che finire così. Tuttavia, con un estremo tentativo di rianimazione, la macchina si è ripresa: adesso ha l’occhietto lucido del convalescente, apre i file con una lentezza estenuante, ma finchè dura lo si sfrutta. Al prossimo collasso penserò di fare acquisti… Ovviamente cercando un laptop rosa acceso laccato. Chissenefotte del processore.

Ma rimettiamoci a parlare di cose serie. Qualche post fa, la vostra Cally vi ha raccontato del giovanissimo e fighissimo professore di matematica che fa il provolone: per comodità e per via del mestiere, lo chiameremo d’ora in poi Pico della Mirandola. Ora, il buon Pico pare vagamente sordo dall’orecchio dell’intendimento, per essere cordiali. Detto fuor di metafora, davanti al fare culo clamoroso di Callista, non si sogna nemmeno di smettere: anzi, insiste. Ne è un esempio la serata di qualche giorno fa.
Sono stata costretta dagli eventi ad accompagnare gli studenti a teatro: voglia meno mille milioni, ma a turno tocca a tutti. Ho scelto lo spettacolo meno lungo e meno palloso della stagione: e mi sono messa d’accordo con un collega che mi doveva passare a prendere.
Mi vesto discretamente elegante, sfodero il tacco che a scuola metto raramente, mi presento al posto stabilito: e mi trovo il collega previsto, altri due previsti anch’essi e Pico. Ma tu pensa la casualità.
Salgo in macchina, nel mezzo del sedile posteriore, stretta tra una collega insipida e (ma pensa tu la casualità) Pico, che mi ravana immediatamente una culatta per cercare la cintura. Io faccio un salto e lui si giustifica: «Non volevo toccarti, eh, cercavo la cintura». Momento di silenzio in macchina, e io ci metto del mio giustificandomi: «Ah, eh, sì, mi ero appoggiata sulla cintura del collega». I doppisensi si sprecano. Ma fingo indifferenza.
Arriviamo a teatro con un anticipo mostruoso: e decidiamo di prendere un aperitivo. Ci pensa il collega di informatica a ordinare per tutti: una cosa buonissima ma assai alcolica. Ora, già di mio non è che io regga benissimo l’alcool, figuriamoci quando sono a dieta e a pranzo ho mangiato solo pesce e verdura. Al momento di alzarmi dal tavolo mi gira anche il dito mignolo. Ovviamente Pico non perde tempo: «Ti aiuto a mettere il cappotto?». «No, grazie, mi arrangio». E subito con la manica tiro giù un bicchiere, il che dà nuovo slancio al fanciullo: «Ma sei ubriaca? Basta così poco? Allora ne approfitto…». Io cerco di nascondere l’occhietto lucido, di camminare impettita e drittissima e di non ridere: «No no, sto benissimo. Figuriamoci».
Iniziamo a camminare verso il teatro; l’aria fresca mi sveglia un po’, così cerco di allontanarmi e di fare conversazione con gli altri colleghi: lui mi segue imperterrito e mi sorregge per un gomito. Maledizione. Poi attacca discorso: «Ma senti, Cally… Tu di che anno sei?».
C: Non si chiede l’età alle signore.
P: Ma no, era per sapere se ci posso provare, ah ah ah…
C: Sei troppo giovane, fidati.
P: Ma sono solo dell’ottantatré.
C: Io del settantasette. Quando tu sei nato, io facevo già le divisioni col riporto, caro il mio professore di matematica…
P: Ma non dimostri assolutamente trent’anni: pensavo avessi la mia età. Allora non posso provarci?
C: No, porta rispetto per gli anziani.

E avanti così per tutto il tempo: per fortuna a teatro eravamo su due file diverse.
Al ritorno, in macchina monto in macchina a destra per evitare di farmi ravanare di nuovo una chiappa. Riesco nell’intento, ma Pico è implacabile nel corteggiamento verbale.
P: Ah, che bella luna. La serata ideale per andare a fare un’escursione di sci alpinismo in montagna.
C: Sisisisi, una figata proprio. Guarda, tu avviati, che poi ti raggiungo.
P: Non dirmi che non ti piace la montagna.
C: Sì, da vedere moltissimo: ma sono talmente pigra che non mi muoverei mai.
P: Ma è bellissimo.
C: Non lo metto in dubbio.
P: Una volta ti ci porto: andiamo con le ciaspole.
C: Anche no, grazie. E poi se dico ai miei che improvvisamente mi metto a ciaspolare in notturna mi fanno ricoverare per demenza.

Esaurito il tentativo sportivo, la creatura si è buttata sul godereccio.

P: Ma tu, Cally, la sera cosa fai?
C: Dipende: ieri ad esempio ero nel letto alle dieci.
P: Ma come? Io sono stato in quel locale dove si balla: sono stato trascinato sul cubo dalle due ragazze di quinta C che lavorano lì.
C: Vedi il bello di abitare a quaranta chilometri di distanza da dove si lavora? Poter uscire e andare in giro senza incontrare studenti.
P: Bè, ma se vuoi una sera ti invito a fare il giro dei locali della zona e li incontri tutti, gli studenti.
C: Ma magari, che bellissima idea. No, grazie.
P: Ma insomma, non esci, non bevi, non fumi… Non hai proprio vizi, allora?
C: Certo che li ho: ma davanti ai minorenni non si dicono.
P: Ma io sono maggiorenne.
C: Si, da troppo poco.
P: Vuoi che ti accompagni a casa?
C: NONEEEEEEEEEEEE…
P: Perché il tuo fidanzato è geloso?
C (pensando «Ussignur, il fidanzato immaginario…»): Esatto. Sono una donna seria.

E disperata. Ora ho tre colleghi che studiano ogni mia mossa per vedere se ci sto o meno e un giovine che, solo nella mattinata di oggi, mi ha invitato tre volte a bere il caffè. Quando si dice la fortuna.

lunedì 16 marzo 2009

L'erborista

Ieri sono andata in erboristeria. Obiettivo: comperare una confezione di hennè nero.
In Egitto mi sono fatta fare un tatuaggio sul piede. Una sorta di prova per quello «vero» che da almeno due anni voglio farmi.
Una mattina, facendo la consueta passeggiata con mamma Mafaldi, sono capitata davanti alla bancarella di Alì. Dopo aver toccato tutte le collanine, i braccialetti e gli orecchini del suo banchetto mi è caduto l’occhio su un raccoglitore da dove sbucavano dei disegni.
M: «fai anche i tatuaggi?»
A: «Certo, sono bravissimo!»
Ed era proprio vero, infatti, dopo soli venti minuti avevo un bellissimo tatoo sulla caviglia. Un disegno molto delicato e fine. E bravo Alì.
A: «mi raccomando, prima di partire sabato, devi tornare da Alì che ripasso il tatuaggio così ti dura per un mese intero, capito?»
M: «ok, vengo qui prima di partire!»
Il giorno dopo passo nuovamente davanti ad Alì (eravamo in una baia quindi per andare a fare la passeggiata dovevamo per forza passare davanti a lui) e lui mi urla «Mafalda… ricordati di tornare sabato per il tatuaggio»
E così per i successivi tre giorni. Evidentemente pure in Egitto c’è l’idea che le bionde siano un pelino imbecille…
M: «Ali ho capitooooo! Passo sabato!»
Inutile dire che, sono tornata l’ultimo giorno della vacanza, e di Alì nemmeno l’ombra. Da qui la necessità di ripassare il tatuaggio con l’hennè.
Entro in erboristeria consapevole del pericolo. L’erborista è una serva del popolo. Se ti becca ti sfinisce di chiacchiere. Confido nella facilità del prodotto da comperare. Nel locale ci sono già due signore. Sono intente a farsi preparare delle tisane. Forse sono salva. Mi guardo attorno fischiettando attendendo diligente il mio turno.
Dopo qualche minuto una delle due mi dice «signorina, vuole chiedere lei? Sa… Noi ne abbiamo per un bel po’!»
M:«Grazie, faccio in fretta!»
Mai parole furono peggio dette.
Ho chiesto l’hennè e da quello il gioioso erborista mi ha fatto le seguenti domande: «A cosa ti serve? (a dipingermi la faccia come i Maori, ovvio) Hai preso il sole in vacanza (nooo … sono tre settimane che non mi lavo, è per quello che sono scura) Ma hai messo la protezione? (ciccio, se mi dai un pizzicotto esce crema solare … giusto per darti un’idea di quanto mi sono unta) No, perché il sole in questi anni è bastardo, sai quanti tumori fa venire? (vabbè, mi tocco…) Perché influisce anche sul sonno, sai. Ti ha portato insonnia? (no, guarda, in vacanza dormivo come un bradipo sedato, è a casa che non chiudo occhio) Perché il cambio di fuso e di clima rischia di scombussolarti anche l’intestino. Tutto regolare lì? (macchetenefotte… )»
Sono uscita dopo cinque minuti e dopo aver messo al corrente le gentili signore che mi hanno fatto passare e due nuovi avventori dell’erboristeria che:
- l’hennè mi serve per ripassare un tatuaggio
- ho preso il sole
- ho messo la protezione 20
- ho dormito sonni tranquilli
- il mio intestino è regolare.
Arrivata a casa apro la confezione e scopro, con orrore, che l'hennè che mi ha rifilato il curiosone è verde. Verde marcio. Drammaticamente verde.
Tutto il paese sa i cazzi miei. Il tutto per disegnarmi una caviglia con del fango puzzolente. Sono soddisfazioni!

giovedì 12 marzo 2009

In vacanza da una vita (parte prima)

La vostra Mafy è tornata.
Sono andata una settimana in ferie con la mia mamma a Marsa Alam.
Inutile dirvi che in questi giorni sono sopraffatta dalla nostalgia porca bastarda da villaggio: ieri mattina, alle 10 aspettavo con ansia di vedere spuntare un animatore che mi chiedeva di andare a fare il risveglio muscolare. Al suo posto ho trovato un collega che mi portava un pacco di posta fermo da una settimana. Quando si dice il culo!

La vacanza inizia all’alba di sabato con papà Mafaldi che ci accompagna all’aeroporto felice e garrulo. Stare senza le due donne di casa per qualche giorno lo rende oltremodo gioioso. Ci fa persino ciao ciao con la manina. Ha la faccia soddisfatta di chi sa che per una settimana se ne potrà stare tranquillo senza nessuno che gli rompa le palle. Effettivamente non so dargli torto.
Il viaggio è perfetto se si sorvola sulla presenza inquietante di anziani. L’età media sull’aereo è abbondantemente sopra il 70. Sembrano bambini in gita. Parlottano fitto fitto, fanno scambi di posti, si alzano durante il decollo, si tolgono le cinture… Il tutto per la gioia infinita delle hostess e della povera ragazza che li accompagna.
Appena atterrati nell’aereo si diffondono le note di Estate dei Negamaro. “… è il segno di un’estate che vorrei potesse non finire mai… sciuaiiii!”. Non so se considerarlo un segnale del destino o un avvertimento del pianeta porco bastardo. Decido di essere ottimista e canto.

Alcune flash della vacanza (nei prossimi giorni vi delizierò con dei simpatici aneddoti… quelli scabrosi che tanto vi piacciono):
  • una bambina, da sola, riesce a mettere in agitazione un aereo intero. Nooo, niente urla strazianti, niente capricci… soltanto una cacca di una puzza mai sentita. Mentre la madre la portava verso i bagni per cambiarla le hostess hanno dato fondo a tutte le riserve di deodorante presenti a bordo. Siamo scesi drogati.
  • Fare la pipì nei bagni di un “autogrill” in mezzo al deserto roccioso costa più che farla nei bagni della reggia di Versailess. Sarà il panorama suggestivo, sarà che per raggiungerli devi fare lo slalom tra i cammelli e le capre “parcheggiate” fuori … sarà quel che sarà… Ma fare la plin plin da quelle parti costa un euro. Alla faccia!
  • Gli egiziani hanno un’elasticità mentale pari a quella del granito con il quale hanno costruito gli obelischi. (almeno quelli che ho conosciuto io)
  • Fare tre volte il giro attorno allo scarabeo nel tempio di Karnak porta fortuna, dicono. Visto che di quella non ce n’è mai abbastanza mi sono lanciata in un girotondo vorticoso attorno al blocco di pietra. Sono stata fermata dalla guida con l’ammonimento “ferma, altrimenti tu fare buco attorno a scarabeo”. Uff.
  • Il valore commerciale di una derelitta varia dai 3.000 ai 5.000 cammelli. E sono soddisfazioni.
  • Vincere il torneo di beach volley contro la squadra capitanata dall’elemento più competitivo e antipatico presente in tutto il villaggio non ha prezzo. Guardare la sua faccia fumante di rabbia è una goduria.
  • Se c’è lo spettacolo folcloristico con il gioioso “egiziano rotante” (ovvero un uomo con i capelli lunghi e ricci che per 40 minuti gira su se stesso con delle enormi e pesantissime gonne) le possibilità che la che la derelitta venga trascinata sul palco a fare da valletta/cavia al suddetto personaggio sono pari al 100%
  • Mettere canotte e sandali a inizio marzo è, oggettivamente, una gran figata.
  • Per gli autisti di pullman è consuetudine sorpassare di notte, in curva, in pieno contromano. Durante i trasferimenti per le escursioni il numero di preghiere dei turisti aumenta in maniera proporzionale alla velocità di crociera tenuta dall’autista.
  • Le tempeste di sabbia sono suggestive … Ma anche no. Passare 20 ore in aeroporto (ad una temperatura media di 16 gradi … evviva l’aria condizionata!) e vedere un aereo provare ad atterrare, toccare pista e rialzarsi immediatamente procura un certo senso di terrore!

Ma nonostante tutto sono tornata. Abbronzata e rilassata con 4 proposte di matrimonio da vagliare. Devo solo decidere dove costruire la mia piramide. Insomma… Vorrete mica che non mi adegui alle tradizioni… eh!


(To be continued)

mercoledì 11 marzo 2009

Prova bikini

Le derelitte hanno iniziato per l’ennesima volta una dieta. D’altronde, l’ha detto anche il TG 5 che ormai la prova bikini è imminente, quindi meglio prendersi per tempo. Considerando poi che QUALCUNO ha fatto notare a una delle derelitte che era più asciutta al ritorno dal Salento, la reazione è stata immediata: digiuno e astinenza (chissà perché la seconda ci viene meglio della prima, mah). Ma giusto perché noi derelitte non ce la prendiamo affatto per certe osservazioni, volevamo dire a qual QUALCUNO (che tanto lo sappiamo che ci legge) che se diventiamo anoressiche è colpa sua, tanto per non farlo sentire minimamente colpevole.
Ma torniamo a noi e alla nostra dieta, che è assolutamente semplice da seguire. Basta prendere tutto quello che è minimanente appetitoso e voluttuoso e eliminarlo dal menu. Semplice, no? I risultati non dovrebbero tardare, ma abbiamo qualche dubbio sulla nostra resistenza sulla lunga distanza. Secondo voi, il fatto che, lavorando a questo post sul pc, ci sia venuta l’acquolina in bocca solo a leggere il tasto «paste» (sì, noi lavoriamo con Word in inglese per far finta di essere poliglotte) è un brutto segno?
Si aprono le scommesse su quanto tempo riusciremo a far passare prima di buttarci sulla cioccolata.

PS 1: ah, ci siamo dimenticate di dirvi che la dieta l’abbiamo cominciata ieri. Manco 24 ore e abbiamo già le visioni.PS: Siccome siamo un tantino acide a causa della privazione da Kinder maxi, non iniziate a farci il pippone sul fatto che la dieta non deve essere un regime faticoso ma un’abitudine alimentare sana ed equilibrata, perché lo sappiamo anche noi, ma purtroppo se si vuol dimagrire le golosità bisogna abolire…

lunedì 9 marzo 2009

Cerco, vendo, scambio...

Un paio di giorni fa ho accompagnato l’amica Ubi a mettere un’inserzione di affitto sul più noto giornale di annunci del Trentino. Entriamo in segreteria e un ragazzo molto gentile ci snocciola le tariffe: “Allora, per l’annuncio che interessa a voi sono nove euro a inserzione”. Benissimo. Ci sediamo al tavolo e compiliamo diligentemente il modulo.
Tre minuti dopo entra una signora che si accomoda al bancone e chiede anche lei notizie sui prezzi. Nel frattempo, noi abbiamo terminato il lavoro di completamento modulo e ci mettiamo in coda dopo la nuova arrivata, che parla tutto fitto con il segretario: non capiamo niente di quello che dice, ma ci arriva la risposta del ragazzo, che le sta mostrando un listino di esempi: “Novanta euro a inserzione, se la vuole nel box colorato o in grassetto è qualcosa in più”. La Ubi mi guarda con aria interrogativa e vagamente terrorizzata: “Ma come novanta? Non aveva detto nove prima?”. A dire la verità ho capito nove pure io, ma siamo abbastanza sicure anche di quello che abbiamo sentito un attimo prima. Quindi scatta la manovra esplorativa: cerchiamo di raggiungere il listino che la signora ha posato sul bancone per controllare i prezzi.
Fingendo indifferenza, approfittiamo della momentanea assenza del segretario che va in un’altra stanza e ci fiondiamo sul tariffario: e vediamo, con orrore, che sotto l’annuncio semplice campeggia la scritta NOVANTA EURO. Ussignur. Ci guardiamo di sottecchi, pronte a scappare, ma la Ubi decide di approfondire l’analisi: controlla bene, gira il foglio, ritorna sulla prima facciata. Poi le scappa l’occhio e inizia a leggere: “Bellissima massaggiatrice, fotomodella per hobby, quarta naturale, completissima, valuta offerte collaborazioni e servizi”. Mi dà di gomito: “Cally, leggi qui…”. Io eseguo, tutte e due ci guardiamo di sottecchi e poi osserviamo la signora che intanto finge totale disinteresse nei nostri confronti. A quel punto (e non era difficile da fare) alziamo gli occhi sul titolo del tariffario: “Annunci personali, incontri, amicizie”.
In quel mentre ritorna il segretario, che consegna alla signora la ricevuta del suo annuncio: “Ecco qua, allora esce mercoledì, va bene? Arrivederci”. Poi si gira verso di noi: “Prego, ragazze, tocca a voi…”. Ma ecco che vede il listino che abbiamo ancora in mano: “Ma non avevate un’inserzione di affitto? Ho capito male?”. Noi molliamo il malloppo come se scottasse e scuotiamo i capelli, sorridendo: “Ma no, era per vedere…”.
Lui, implacabile: “Ah, pensavo voleste compagnia… Nel qual caso… Vi facevo anche risparmiare, ah ah ah!”.
Ma stavolta ci ha pensato la Ubi a rimetterlo a posto: “Guarda, forse sarebbe meglio spenderli, quei novanta euro…”.
Probabilmente scriverà il suo numero di telefono in tutti i bagni di tutti gli autogrill d’Italia, oltre che nella sopraddetta rubrica: ma è un prezzo equo per la soddisfazione provata.

venerdì 6 marzo 2009

Reparto geriatrico

La vostra Callista ha avuto un appuntamento. O meglio, era tutto partito come un ritrovarsi con un vecchio amico che non vedevo dai tempi dell'università, almeno, e con cui ho scoperto di avere molte cose in comune. Io ero convinta che l’uomo in questione fosse fidanzato da anni, lui lo stesso. Abbiamo scoperto al bar che non era più così e a dire la verità la cosa non è dispiaciuta affatto a nessuno dei due…
E fin qui i presupposti sarebbero i migliori, dite voi, di cosa ti lamenti, cara Callista?
Del fatto che prima di scoprire la papabilità dell’uomo in questione, gli avevo chiesto di accompagnarmi in farmacia, dove ho lasciato un centinaio di euro (maledizione alle mie cure omeopatiche per la cistite). Di fronte al suo sguardo interrogativo e anche un po’ spaventato, gli ho accennato ai miei problemini: praticamente raccontandogli delle mie avventure con le cistiti emorragiche, che manco una puntata del Doctor House è così raccapricciante. Evviva.
Al bar, poi, mentre lui ordinava uno spritz, io mi sono limitata a un orrido succo di pompelmo, in quanto sono nel mezzo del periodo “niente zuccheri e niente lieviti”, sempre per il suddetto problema. Ovviamente non ho tralasciato nessun particolare neanche in questo caso.
Non vi dico quante maledizioni mi sono tirata quando ho scoperto che la creatura è libera, in caccia e decisamente interessante sotto ogni punto di vista. A un amico certe cose si possono raccontare, ma a un potenziale futuro marito (dite che corro troppo?) forse anche no. Invece che una donna, sarà convinto che io sia un ospedale ambulante. Che disperazione. Dite che sono ancora in tempo a recuperare? Tipo invitandolo a casa mia per un brodino?

mercoledì 4 marzo 2009

L'amico immaginario

Ho la vaga impressione che un collega si sia invaghito della sottoscritta: il che di per sé potrebbe anche risultare interessante, se non fosse che il collega in questione si è laureato l’altro ieri, probabilmente. Il fatto di non essere più la più giovane della scuola fa ticchettare sinistramente il mio orologio biologico… Ma fingo di non sentirlo.
Il collega, dicevo, è pure molto grazioso e solleva gridolini di compiacimento e sospiri da parte di tutte le studentesse delle classi alte. In effetti sarebbe molto meglio che corteggiasse una di loro, invece della sottoscritta, ma evidentemente il fascino di Callista vince quello delle diciottenni (e ciò non mi dà affatto gioia, eh, no no no… Uahuahauahauhauahhhh…).
Fatto sta che la creatura imberbe mi porta i cioccolatini, mi guarda come la madonna di Pompei, cerca ogni scusa per offrirmi un caffè. Io faccio culo velatamente, anche perché sono sotto osservazione di tutto il corpo docenti che non trova niente di meglio che interessarsi della mia vita sentimentale: il paese è piccolo e la gente mormora… E soprattutto, le studentesse sono vendicative e perfide, e io vorrei vivere ancora qualche annetto.
Quindi cerco tutti i modi per scoraggiare il timido e giovanissimo corteggiatore: e ieri mi si è presentata l’occasione. O almeno così credevo.
Sono arrivata a scuola con un livello di stanchezza e sonno tendente all’infinito, e con l’occhio a mezz’asta mi sono messa buona buonina al pc a far finta di prepararmi una lezione (in realtà leggevo i blog della blogroll, ma non ditelo a nessuno). La creatura si è seduta due pc in là: in mezzo si è piazzato un collega di tedesco: “Callista, sei stanca? Sei silenziosa oggi”.
Io: “Sì, guarda, oggi è stata dura. Alzarsi la mattina alle sei per tre giorni di fila per me è drammatico.”
La creatura imberbe ha ribattuto: “Cara collega, non vorrai mica farci credere che sei stanca senza aver combinato niente? Con quegli occhi furbi lì? Ah ah ah…”.
Ora, smentire questa sua affermazione - oltre a mettere a nudo la tragicità della mia situazione sessuale - avrebbe spianato la strada a ulteriori avances: onde evitare, ho sorriso, ho fatto un occhiolino e ho detto: “Bè, certe cose mica si raccontano!”.
Col risultato che adesso tutta la scuola mi chiede chi è il fortunato nuovo fidanzato e perché non ne ho mai parlato a nessuno. La bidella del primo piano vuole conoscerlo e c’è addirittura chi giura di averci visto in città insieme. Io annuisco e tiro dritto.
Ora non solo sono anziana e zitella: ho pure un amico, anzi, un fidanzato immaginario. Da qui al manicomio il passo è breve.

martedì 3 marzo 2009

Dura la vita del Minotauro...

Traduzione di latino di un sprovveduta studentessa:

Post Minotauri necem (ossia “dopo l’uccisione del Minotauro”) = Avendo ucciso il Minotauro da dietro.

Pora bestia, che vita grama.

lunedì 2 marzo 2009

Desideri irrealizzati

L’altro ieri sono andata al supermercato perché mi mancavano tre cose fondamentali per la mia sopravvivenza: i cereali per la prima colazione, visto che inizia il tragico carosello della dieta primaverile, le mousse di mela che mangio talvolta a merenda durante la ricreazione, quando non ho tempo di affrontare un frutto da masticare (evviva la gioventù) e la spugnetta lucidante per gli stivali, che contavo di mettere via a breve ma che in realtà, visto il tragico abbassamento delle temperature, mi accompagneranno ancora per un po’.
Scelgo il supermercato dove la collega della Mafy ha rimorchiato, ovviamente al consueto orario single; recupero il cestino e mi avvio baldanzosa tra gli scaffali in cerca della mousse: che non trovo. C’è una sottomarca atroce che mi propone abbinamenti balordi di frutta, ma niente mela. E per fortuna che quella che cercavo è prodotta in val di Non (aiutiamo l’economia locale).
Mi rassegno e passo al successivo prodotto: i cereali. Nello scaffale che ne espone mille mila tipi, manca solo quello che prendo io di solito. E siccome sui cereali sono esigente (mica come con gli uomini, che basta che respirino), abbandono anche questa idea. Maledizione.
Vado a prendere la spugnetta: il colore nero è finito. Vabbé, pazienza, la prendo neutra: finita anche quella. Sono tentata di comprare quella marrone, ma l’idea di far assumere ai miei costosissimi stivali una tragica sfumatura testa di moro (sempre meglio che testa di qualcos’altro, ne convengo) mi scoraggia.
E adesso? Sarò costretta a scegliere cose caloriche a colazione, con risultati tragici sul mio girovita, a optare per le banane a merenda, che mangerò vergognandomi, e a girare con gli stivali impolverati. Oppure a comprare delle cose a caso, tipo una lucanica che va bene per tutto, anche per pulire le scarpe, che col grasso restano morbide. Tutto per colpa del supermercato più grande di Trento.
Alla fine dirotto: compro dei biscottini per la merenda, che dimenticherò a casa dei miei e si mangerà mia madre, e dei cerali sostitutivi, che si riveleranno orribilmente simili alla segatura.
In compenso, stamattina ho messo gli stivali scamosciati, così ho risolto almeno uno dei miei problemi.
Gradirei non avere commenti su quanti me ne siano rimasti di irrisolti. Sob.