domenica 8 aprile 2007

L'ABC delle derelitte - parte terza H-P

H

Ho spellato [ho-spel-là-to] v.transitivo difettivo che possiede solo il passato prossimo 1. mi sono privato di gran parte della pelle a causa di un abbronzatura selvaggia: L: «ho messo l’olio e ho già spellato due volte» (bravo, scemo…). M: «Ho spellato? Ti sei spellato…» «No, IO ho spellato…». M: «Appunto…». L: «Còme?». 2. decl. ho spellato, hai spellato, ha spellato, abbiamo spellato, avete spellato, hanno spellato (e i produttori di doposole ringraziano).

I

Imbecillo [im-be-cìl-lo] agg. 1. accrescitivo del più comune «imbecille», riservato esclusivamente a persone e/o animali di sesso maschile: «Perché mi dice che mi vuole vedere e poi non mi invita a uscire?».«Perché è imbecillo, ecco perché».

L

Lipposo [lip-pò-so] agg. 1. dal salentino: appiccicoso, attaccaticcio, che forma una massa unica e indivisibile: C: «Butto le bavette?» Lex: «Nooo, le bavette non mi piacciono, sono lippose». M: «EH?» Lex: «Lippose. Che attaccano, no ?». C: «Ma io le ho appena buttate!». M: «Tirale su! SUBITO!».

Lavoro [la-vò-ro] s.m. 1. esercizio di un mestiere, di una professione, di un’arte; occupazione retribuita. 2. fras. der. Buon lavoro!, augurio da posizionare rigorosamente alla fine di un sms al limite della pornografia inviato alle meraviglie. L’intenzione è di stemperare l’atmosfera torbida del messaggio, il risultato è decisamente paradossale: C: «Ciao, stanotte ti ho sognato. Sembrava tutto così reale che quando mi sono svegliata non capivo perché non fossi con me. Non vedo l’ora di potertelo raccontare dal vivo. Ti voglio, da morire. Un bacio e buon lavoro!». M:«Ma sei scema? Gli hai scritto veramente buon lavoro?»
3. trasl. nell’uso comune delle derelitte, indica il messaggio ammiccante utilizzabile per ogni occasione: «Gli hai scritto? Cosa?». «Il solito. Genere “ti ciuccio come una cozza. Comunque buon lavoro”».

Lezionare [le-zio-nà-re] v.tr. 1. dallo sgrammatichese, impartire un severo rimprovero, un rigoroso ammonimento, una grave punizione: Ma io la leziono, sai, che razza di donna è una che fa così?


M

Meraviglia [me-ra-vì-glia] s.f. 1. persona, cosa, evento o sim. che suscita stupore per la sua eccezionalità o ammirazione per la sua bellezza. 2. nelle derelitte, dicesi di uomo schifosamente bello, simpatico, attraente, sexy, profumato, misterioso e proporzionalmente storto e imbecillo (vedi), capace di trasformare una donna in derelitta: «Ma come ho fatto a ridurmi così?» «Eh, hai incontrato la meraviglia…». «Ahcomesoffro (vedi)».


Menelik (lingua di): [lin-gua-di-me-ne-lìk] s.f. 1. Giocattolino carnevalesco formato da un lungo tubo di carta variopinta, schiacciato e arrotolato su se stesso; allorché vi si soffia dentro, si svolge rapidamente fischiando; quando cessa il soffio, torna, con l’aiuto di una molla, alla posizione primitiva. Prende il nome dall’omonimo negus d’Etiopia, dotato, a quanto pare, di una lingua particolarmente pungente. 2. trasl. ad indicare l’ultimo tassello per completare un quadro di aspetto o comportamento già abbondantemente sopra le righe: Ma quanta roba ha addosso quella lì?Cosa vuole anche, una lingua di Menelik?

Mi fai un sangue [mi-fai-un-sàn-gue] fras. inv. 1. esclamazione rivolta a derelitta che controlla la meraviglia da giovane siculo particolarmente focoso nel vano tentativo di concupirla: Non sai cosa ti farei… Mi fai un sangue…

N

Nazista [na-zì-sta] s.m. 1. ex «personal trainer» delle derelitte: un metro e novanta per cento chili di muscoli, con metodi ginnici risolutori: N: «Bene, cucciole, vi metto giù io un programmino, vedrete che risultati: e sennò abbiamo sempre la soluzione ultima.» D. (speranzose): «Ah, sì?». N: «Certo, l’affettatrice. Via a sudare!».


O

Oust [oust] s.m. 1. deodorante per la casa, che non copre gli odori, ma li cancella. 2. compagno di vacanza delle derelitte durante la prima trasferta salentina, nel vano tentativo di debellare l’odore di sgnaus (vedi) di casa Zaccaria (vedi). 3. fig. Miss oust, soprannome di Callista, eletta senza rivali causa utilizzo costante e improprio del prodotto in questione: M: «Ma cosa cavolo fai?» C: «Senti che odore di sgnaus che c’è, deve andare via». M: «Ma no sui divaniiii!». C: «Dappertutto, DAPPERTUTTO!» M: «No, nell’armadio no…» C: frrrt frrt frrrrrttt (spruzza imperterrita).


P

Piattola [piàt-to-la] s.f. 1. pidocchio parassita dell’uomo. 2. fig. individuo fastidioso di cui non si riesce a liberarsi. 3. var. piazzòlla, neologismo di formazione lexica: L: «Mafy, la barista mi ha guardato male…». M: «Per forza, sono due ore che le chiedi cosa c’è nei tramezzini…». L: «Ma perché il tonno non mi piace, e neanche le uova (faccina contrita). Mi ha detto che sono una piazzòlla». M: «Eh?». L: «Una piazzòlla». Barista: «No, ti ho detto che sei una piattola». L (a Mafalda): «E cosa vuol dire?». M: «Che sei un rompicoglioni». L: «Ah».

Pianeta porco bastardo [pia-néta pòr-co ba-stàr-do] s.m. 1. Pianeta che gravita nel quadro astrale delle derelitte, provocando congiunzioni infauste, bizzarre, o più semplicemente sfigate: «Ma perché, perché mi fila il fratello sbagliato?». «È il pianeta porco bastardo».
È scientificamente intoccabile, anche se le derelitte minacciano spesso e volentieri di neutralizzarlo con i più disparati metodi: a sassate, a sputi, a improperi, con le pive, con la fionda, a badilate, facendogli il malocchio. Preghiera frequente «Pianeta porco bastardo, voltati in là», detto prima di appuntamento o uscita importante, solitamente con scarsa riuscita.


Piedini morbidi [pie-dì-ni mor-bì-di] s.m. pl. 1. estremità inferiori delle derelitte, che si presentano ad ogni occasione rigorosamente setosi, soffici al tatto e con french pedicure. 2. fras. fig. avere i piedini morbidi, aver passato la notte rigorosamente da sole (solitamente dopo essere state bidonate) e aver quindi potuto applicare la maschera idratante ed emolliente ai piedi, con tanto di calzino per far assorbire il tutto: «Com’è andata ieri sera?». «Ah, guarda, ho i piedini morbidissimi». «Capisco». «Ahcomesoffro (vedi)».

Pigna [pìg-na] s.f. 1. frutto conico delle conifere. 2. fig. persona musona, antipatica, poco di compagnia: maronna, chi è quella pigna che si è tirato su? 3. accr. pigna in culo, cosa o persona fastidiosa, insopportabile: Toglimi dalla vista quella pigna in culo. 3. Usi fras.: avere una pigna in culo, essere infastiditi da qualcosa o qualcuno; fare la pigna in culo: rompere episodicamente le scatole con metodo e disciplina, diverso dall’essere una pigna in culo, che è invece irreversibile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sbaglio o manca la K?
Del tipo: Kazzo!kazzone, kazzuto... A voi l'esegesi.