martedì 23 febbraio 2010

Ahò, professorè...

Non ci crederete, ma sono tornata: sopravvissuta a quattro giorni con 40 diciassettenni sguinzagliati per la capitale e due colleghi dall’autorità di un mollusco lessato.
Per altro, e devo dirlo per dovere di cronaca, i ragazzi sono stati anche troppo bravi: sempre puntuali, educati, perfino simpatici. Niente ubriacature moleste, niente accoppiamenti selvaggi, niente lanci di mobili dell’hotel dalle finestre. Almeno, questo è quanto è apparso, ma come dice il proverbio «occhio non vede, cuore non duole» (e, soprattutto, palle non girano).
L’unico avvenimento degno di nota si è verificato l’ultima notte: alle tre sono stata svegliata da un vociare (eufemismo per «urlare a squarciagola») sul corridoio. Allungando l’orecchio da prof, mi sono accorta che non erano studenti italiani, ma spagnoli. Ho quindi aspettato qualche minuto per vedere se smettevano da soli, prima di chiamare la reception. Ma ecco che all’improvviso sento parlare dialetto trentino: quattro decerebrati della classe accoppiata alla mia che cercavano di interagire con gli spagnoli parlando dialetto (la leggenda dice che il trentino e lo spagnolo siano particolarmente simili… Bè, niente di più falso). Ho aspettato qualche secondo, non tanto per vedere se smettevano da soli, quanto perché uscire sul corridoio in pigiama non rientrava tra i miei desideri pre-gita. Ma di fronte all’alzarsi dei toni e alle risate, ho svolto il mio ruolo di educatrice. E ho spalancato la porta uscendo in corridoio.
Mi sono trovata davanti un gruppetto di circa otto ragazzi, alcuni comodamente accomodati sulle sedie, che tenevano bordone. Dei geni, soprattutto davanti alla camera di un’insegnante… Al mio vocativo “SIGNORI!” due si sono tappati direttamente in camera. Gli altri sono rimasti come inebetiti: probabilmente per via del mio abbigliamento: pigiama bianco con topolino rosa sul davanti (credibilità pari allo zero assoluto), piedi scalzi, capelli di chi si è appena alzato, zero trucco, colore da pollo congelato. A quel punto ho dato inizio al consueto insulto trifasico, di cui sono specialista: “Uno, sono le tre di notte e siete in un hotel dove ci sono altre persone che vogliono dormire, due, vi avevo già detto ieri sera di non fare rumore sui corridoi e siete anche rimbambiti visto che siete davanti alla mia camera, tre, domattina facciamo i conti. VIA!”.
Non so se spaventati dalle minacce o dal mio aspetto, i trentini se ne sono andati di corsa senza aprire bocca. Gli spagnoli invece sono rimasti a guardarmi ancora un attimo, finché non ho replicato: “Vale anche per voi. ANDARE!”, con eloquente gesto della mano.
Mentre i ragazzi sloggiavano, mi sono resa conto che in mezzo a loro c’era anche il portiere di notte, salito per vedere chi faceva chiasso al primo piano: un giovanissimo ragazzo romano, moro, giovane e piuttosto carino, per altro. E io avevo un sonno del diavolo e un pigiama con due orecchie di topo che brillano nel buio (oh, ditelo voi a Benetton, che fa queste cose, la prima volta che l'ho messo ho rischiato la morte per spavento, vista la fluorescenza sul mio petto...). Voglia di conversazione pari allo zero assoluto.
Il fanciullo mi ha sorriso e ha detto «Ahò, professorè, complimenti, c’hanno paura de lei, eh? A me manco me stavano ad ascoltà…». Io ho accennato un gesto di diniego sistemandomi i capelli: «Ma no, è che io ho un arma che lei non ha… Il registro…». Lui, implacabile: «Nooo, nun se direbbe a vederla, che sembra n’angiolino, ma me sa che è una che li fa annà… Grande, professorèèè, bona notte!». E se ne è andato facendomi il segno col pollice alzato.


Alla prossima gita devo ricordarmi di andare a dormire vestita.

martedì 16 febbraio 2010

Perle di saggezza

Domani la vostra Cally parte per la gita scolastica a Roma: oltre alle consuete maledizioni del giorno prima (ma chi cacchio me l’ha fatto fare, ma non potevo stare a scuola, l’anno prossimo col cavolo che mi faccio fregare), mi porto nella capitale un occhio paonazzo e lacrimevole per via di una congiuntivite acuta. Che culo.
Giusto per consolarmi, quindi, condivido con voi le perle dei miei studenti collezionate negli ultimi due mesi. Pensatemi molto, e che il Pianeta Porco Bastardo me la mandi buona.

1. Il piccolo diavolo

Studentessa beccata a copiare con libro aperto sotto il banco: «Prof, mi perdoni, non so neanche io perché l’ho fatto…»
C: «Ma pensa… Sei stata posseduta dal demonio?»

2. La speranza è l’ultima a morire

C: «Vorrei che questo verso di Dante lo scriveste su un bel cartellone sopra la lavagna, che magari vi ispira: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Rappresentante di classe, ci pensi tu a dividere il lavoro?»
RDC: «Prof, ma “canoscenza” va con o senza i?»
C: «Appunto. Forse se ve lo tatuo con un marchio da bestiame funziona meglio…»

3. Il dottor House

Studente: «Prof, ma ha un occhio che lacrima… Si è commossa a vedere noi?»
C: «No, ho la congiuntivite. E poi a vedere voi non mi piangono solo gli occhi, ma anche l’ano».

4. Rocco Siffredi sono io

Studente: «Machiavelli sostiene che il buon principe deve essere mezzo uomo e mezzo animale… Cioè, deve essere un uomo, ma quando serve deve saper tirar fuori anche la bestia…»
C: «…»

5. La sceneggiatrice

C: «Dai, studentessa, fammi un confronto tra la spiritualità di San Francesco e quella di Jacopone da Todi…»
Studentessa: «Jacopone da Todi è molto triste perché ha scoperto che la moglie che ehm… Era morta durante un ballo perché, cioè, le era caduto il soffitto in testa… E poverina, non usciva mai, e lui scopre che porta un cilicio per espiare le sue colpe, cioè, anche quelle del marito, che è lui, quindi si fa frate. Ah, e poi odiava il papa».
C: «Tesoro, ti ho fatto una domanda di letteratura, non è una puntata di una soap opera brasiliana…».

A presto!

lunedì 15 febbraio 2010

San Valentino: the day after

Ebbene sì, avere un fidanzato comporta anche il festeggiare a dovere la festa più cretina del calendario: San Valentino.
Che poi, diciamocela tutta, noi donne siamo un tantino ridicole: facciamo tanto le superiori dicendo che no, San Valentino è solo un giorno come tutti gli altri. Peccato che poi, quando gli uomini si scordano di farci gli auguri, ci rimaniamo proprio male. Vabbè, se non fossimo complicate non saremo noi… Ma torniamo alla storia e abbandoniamo la dissertazione.
Fidanzato è proprio bravo: non solo mi ha portato fuori a cena la sera di sabato, ma mi ha anche fatto un regalino. Quando sono arrivata a casa sua, nel pomeriggio, mi ha detto di controllare dalla parte del letto dove dormo.

F: A dire la verità volevo che lo trovassi stasera, il regalo, ma ho pensato che magari ti butti sul letto e va a finire che ti fai male o che fai danni.
C: Cosa stai insinuando? Che mi getto a letto come un bisonte, di solito?
F: No, ehm, ma magari sei stanca…
C: Non stai migliorando la tua posizione…

Ho alzato il piumone e ho trovato un quadro con le nostre foto più belle e un romantico bigliettino. Scatta l’applauso, la ola, il lancio di coriandoli e pure la lacrimuccia delle più romantiche.

C: Ma amore… Grazie, che pensiero carino…
F: Figurati, è solo una stupidaggine.
C: Ma non è una stupidaggine. È bellissimo.

Ovvio che di fronte a tanto ammmmore non potevo che ringraziare: ribaltando Fidanzato sul suddetto letto (ovviamente dopo aver spostato il quadro).

F: Cosa stai scrivendo?
C: Ussignur, amore, non farlo mai più. Non arrivarmi più alle spalle mentre scrivo al pc che sono concentrata.
F: Appunto: volevo vedere cosa facevi.
C: Sto scrivendo un post.
F: Fammi leggere… Ma? Non starai mica scrivendo di sabato?
C: Perché?
F: DAIIIII, non scrivere quelle cose! Che figura ci faccio? E poi lo sai che legge anche mia madre.
C: Peggio per te: dovevi fare a meno di darle l’indirizzo del blog. Possibile che abbiamo mantenuto l’anonimato per tre anni e tu in un mese hai fatto Radio Scarpa? Adesso ci conoscono tutti?
F: Ma daiiiiii, è perché siete brave che l’ho detto.
C: Grazie. Ma ora paghi le conseguenze delle tue azioni!
F: Cally… Almeno non scrivere che facciamo certe cose.
C: Amore, suvvia, non credo che qualcuno pensi che quando siamo soli ci teniamo per mano. E poi abbiamo dei lettori da accontentare. Sciò, adesso vai a fare il pranzo.
F: Crudele.
C: Anch’io ti amo. Bacinoooo…

Scusate l’interruzione in tempo reale… Dicevamo? Ah, sì, che ho ribaltato Fidanzato sul letto.

F: Maledettaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…
C: Smettilaaaaaaaaaaaaa!

Ma Fidanzato aveva un problema: la gomma in bocca. Il che è stato risolto appoggiando il chewing-gum masticato sul comodino.

Dopo cinque minuti, mentre non c’era assolutamente nulla da ridere, Fidanzato ha iniziato a sghignazzare.

C: Amore, cosa succede?
F: Niente, è che… Ah ah ah… No, scusa, non volevo ridere…
C: Eh, ma stai ridendo.
F: Sì… Mi si è incollata la gomma sul piede.

E mi ha mostrato mortificato (ma con le lacrime agli occhi per il ridere) il piedino di fata con attaccato il moncherino masticato. Come il piede sia finito sul comodino per permettere il contatto fatale... Bè, magari quello ve lo racconto un'altra volta... (Salve, gentile futura suocera, salve...)

Dire che l’atmosfera sexy è andata a farsi benedire è poco. Ma le risate sono la parte più bella dell’amore, nevvero?

F: Sì, però adesso scrivi anche che la sera ci siamo rifatti, peròòòòòòòòòòòòòòòòò…
C: Ma tu non eri quello che ci teneva alla privacy?

giovedì 11 febbraio 2010

Io puppo, tu puppi ...

Ah, le soddisfazioni di avere un uomo… Oltre al non trascurabile vantaggio di avere qualcuno che ti scalda il letto (ed è stato recentemente dimostrato che dormire in un letto intiepidito da calore umano è più rilassante e facilita un sonno maggiormente riposante, tanto che è nata la professione di “scaldaletto” in alcune catene di hotel di lusso), puoi vendicarti di torti subiti da ex oggetti del desiderio che hanno fatto, più o meno rapidamente, “culo”.
Come è capitato a Mafalda, che ha incontrato recentemente uno dei suddetti uomini, colpevole di aver fatto il prezioso.

UCDAFIP (Uomo Colpevole Di Avere Fatto Il Prezioso): Ah, Mafy, ho visto dalle foto su Facebook che ti puppi (intrallazzi, trastulli, trombi, NdT) uno molto abbronzato… Brava…

M (scuotendo i capelli): Sì, e allora?

In realtà la risposta voleva chiaramente dire “Sì, e ho fatto un gran bene, anche perché se aspettavo te a quest’ora avevo le ragnatele”.
Ma siamo pur sempre delle signore.

martedì 9 febbraio 2010

l'anticiclone Kugino.

Domenica la vostra Mafy ha accompagnato Kugino all'aeroporto.
Ehhhh si. Perchè il gioioso parente trasferitosi in quel di Londra ha deciso di tornare con più frequenza tra le natali montagne trentine. Dice che è perchè gli manchiamo e vuole passare un po' di tempo con noi ... ma sencondo me è solo perchè a Londra si mangia da schifo e qui lo coccoliamo preparandogli manicaretti golosi. (buono lo strudel, eh???)
Ma il problema di questa sua decisione qual'è?
- che la zia lo vuole strozzare già dopo mezz'ora dal suo arrivo? Noooo... in fondo è sempre la sua mamma e comunque lui è veloce e riesce a scappare.
- che durante la sua permanenza in Italia il mio telefono squilla 83 volte al giorno e quando rispondo lui esordisce cantando "e... scende giù dal ciellll ... neve!" (sempre. Anche ad agosto!) Noooo ... ormai mi sono abituata. E poi nel tempo è diventato mento stonato.
Il vero problema è che i suoi viaggi sono sempre accompagnati da una dose di sfiga non indifferente.
A Natale è stata la volta della neve. Doveva atterrare a Bergamo ma avevano chiuso l'aeroporto. Quindi, dopo aver sorvolato tutta l'Italia del nord (Bergamo, Milano, Venezia) il suo aereo è atterrato a Torino. E' arrivato a casa con 20 ore di ritardo.
La volta prima c'è stato lo sciopero. Volo cancellato. Con conseguente "scomodamento" di tutti i santi del calendario. Arrivo in Italia un giorno e mezzo dopo la data prevista.
A settembre il problema è stata la metropolitana londinese. Metrò fermo e kugino pure. Volo perso.
Ma torniamo a domenica. Vado a prenderlo a casa. Lui saluta sventolando un fazzoletto la zia che ci guarda scuotendo il capo dalla finestra. Partiamo baldanzosi alla volta di Brescia.
Viaggio tranquillo.
A 500 metri dall'arrivo ... NEBBIA!
Tanta nebbia.
Un muro di nebbia.
Tanto che se non ci fosse stato il navigatore che ci segnalava di "svoltare a sinistra... tra cento metri arrivo" non avremmo nemmeno visto l'aeroporto.
Kugino scende e controlla lo stato del volo. Tutto sembra tranquillo. Volo confermato.
Ci salutiamo.
Lo abbandono mentre con il suo trolley vuoto (come diavolo fai a viaggiare senza portarti nulla?) e i capelli spettinati (tagliateli, ti prego!) si avvia alle Partenze.
Riparto affrontando nuovamente la bastardissima nebbia.
Sono quasi a casa quando suona il telefono.
M: "Ciao, Kugino, allora ... tutto ok? Io sono quasi a casa."
K: "Sono sul pullman"
M: "o madoooo ... e che cazzazzo ci fai?"
K: "troppa nebbia. Ci fanno partire da Milano"
M: "ma che palle... ma mica è possibile che tutte le volte ci sia qualche cosa. Ma hai pensato di passare da Lourdes, la prossima volta? Così ... giusto per tutelarsi!"
E qui mi aspettavo una raffica di insulti e maledizioni rivolti alla nebbia, alla sfiga, al pianeta porco bastardo, alle compagnie aeree e anche alla regina (ormai è inglese e si è ambientato pure con gli insulti)
Contrariamente ad ogni pronostico, Kugino risponde tranquillo.
K: "e vabbè ... che ci vuoi fare? Arriverò più tardi. Pace. Ora ti lascio."
M: "ehi??? ma chi sei??? Ti sei bevuto un caffè corretto diplomazia??? Dove hai lasciato mio Kugino? E' stato rapito dalla nebbia?"
K: "no, Mafy! E' che quì sul pullman c'è un sacco di gnocca... ora ti saluto che mi metto all'opera! Bacio"
Click
... a tutto c'è una spiegazione. E la gnocca è la risposta ad un buon 80% dei quesiti.

mercoledì 3 febbraio 2010

Ma tu guarda le poste...

Ieri, finita palestra durante la pausa pranzo, sono passata a casa di zia per un salutino rapido.
Mentre cercavo di resistere alla tentazione di mangiare il quintale di biscotti (che cercavano di attirarmi come le sirene con i naviganti, i bastardi!) ho aiutato la zia a trovare l'indirizzo di un conoscente al quale mandare degli auguri per posta.
Scritto diligentemente il destinatario su una candida busta bianca mi sono offerta di andare a comprare il francobollo e imbucare la missiva. "Non ti preoccupare zia... tanto pomeriggio devo andare in città con la Cally. Non è un disturbo. Così non devi uscire con questo freddo polare".
Un padio di ore dopo, come da previsione, mi trovo sotto il Nettuno con la mia socia derelitta.
Dopo un rapidissimo giro di commissioni e una lunghissima e corroborante pausa caffè abbiamo deciso di tornare alle macchine per andarcene verso casa.
Davanti al tabacchino ... ecco l'illuminazione.
M: "Cally. Il francobollo. Devo spedire la lettera della zia. Vado a comprarlo e arrivo."
C: "Vai, vai ... io guardo le vetrine"
Dopo nemmeno un minuto la raggiungo davanti al negozio tunisino intenta a guardare i veli per la danza del ventre. Io nel frattempo cerco di attaccare il francobollo.
C: "Ma guarda che belli questi costumi ... sono meravigliosi"
M: "ma cazzo ... ma perchè sto coso non si attacca?"
C: "certo che 50 euro per un pezzetto di stoffa con delle cose tintinnanti attaccate mi pare troppo!"
M: "madooo ... manco i francobolli sono più una garanzia... ma perchè non si appiccica?"
C: "ma che hai da lamentarti. Dai qui che ci penso io!"
e dicendo questo mi prende dalle mani francobollo e busta.
C: "ma amica imbecillaaaa... l'hai leccato?"
M: "ecccccerto e come lo attacco altrimenti? ma non funziona... c'è la colla difettosa. Oddio... sarà un francobollo allucinogeno? Ora mi vengono le visioni e vedo il Nettuno ballare la danza del ventre con il costume dei tunisini .... aiutami!"
C: "ma tu non stai mica bene, sai??? Il francobollo è adesivo! Si toglie uno strato di carta e si attacca sulla busta!"
M: "vuoi dire che ho leccato quel coso per niente? che schifooooooo!"
C: "... "
Parliamone.
Voi sapevate che le poste avevano sostituito i francobolli vecchi con questi di nuovissssssssima generazione, altamente tecnologici e futuristici ... e non me lo avete detto?
Bravi ... begli amici.
Non si fa così con una derelitta.