lunedì 19 gennaio 2009

Dialettiamoci!

Io e la Mafy abbiamo fatto una scoperta inconfutabile: il dialetto trentino è una lingua geniale. Non solo perché è nostro (e si sa che ogni scarafone è bello a mamma sua) e ne facciamo un discreto uso, ma perché alcune parole sono così onomatopeiche, o alcuni modi di dire così immediati che meriterebbero di entrare nel dizionario al posto del corrispondente italiano. Non ci credete? Benvenuti alla prima lezione del corso di trentino delle derelitte (per la collaborazione, ringraziamo quella gnocca della collega di inglese di Callista, che è pure magra oltre che d'aiuto. Maledetta!).

Ad esempio, come si definisce un cocktail «shakerato» a dovere? In italiano non c’è una parola che sostituisca bene l’inglese: «agitato» o «mescolato» non rendono. Usiamo il trentino «scolobià»: da proprio l’idea di un giusto rimescolio. E poi vogliamo parlare dell’eleganza di ordinare un caffè freddo «scolobià»? Très chic!
Oltretutto, funziona anche per gli esseri umani: «son chi tuta scolobiàda» a indicare un senso persistente di nausea. Oppure «meti zo quel matelòt, che l’è tut scolobià», per una mamma che dondola un bambino con troppa veemenza.

Altro esempio: volete descrivere una ragazza pallida, magra, emaciata, dall’aspetto malsano? «La par la mort embriàga»: sembra la morte ubriaca. Peggio di così non si può. In alternativa, si può andare sul classico «el par ciucià for dale strie», ossia «sembra succhiato dalle streghe» (e non inziate a farvi domande sul punto di suzione, maliziosi!). Deliziosamente diabolico con quel tocco di sana superstizione paesana che non guasta mai. Promosso.

Vogliamo poi dare l’idea di qualcosa che ci fa schifo schifo schifo? Basta una parola a indicare il disgusto: «Barèa!». Vedete un essere immondo o una cosa di ignota provenienza, ma evidentemente poco attraente? Bastano due parole: «Coss’elo, barea!», ossia «Cos’è, ma che schifo!». Noi trentini siamo gente sintetica, che ha poco tempo da spendere in chiacchiere. Se poi all'espressione aggiungete una faccia raccapricciata con bocca tirata di traverso, funziona meglio.

E se ci capita in mano un aggeggino di poco conto, una robetta, una trappolotta, un ingranaggino insignificante? Signori e signore, ecco a voi «el pimpignègol»: «Da ‘ndò vegnelo for ‘sto pimpignegol?», ossia «da dove esce fuori questo cosetto?». Identica concisione, ma vogliamo confrontare l’onomatopea? Impareggiabile!

Ancora: tutti abbiamo un amico un po’ matto, svampito, o con qualche rotella mancante. In italiano sarebbe «matto come un cavallo», o «fuori come un balcone». In trentino il suddetto personaggio è semplicemente «’na zorla», letteralmente «un maggiolino». «Valà, zorla» è un attenuativo del comune «dai, pirla»: ma invece della metafora triviale, affidiamoci a quella animale. Moooolto raffinata anche in bocca a una signora (la metafora, non la zorla stessa, barea!): e poi, se l’insultato non è autoctono, potete fargli credere che si tratti di un complimento.

Concludiamo la nostra prima lezione di trentino con un detto importato dal Veneto, ma che è tanto caro alla Coniglia e di evidente buon auspicio: quando si brinda, in Trentino uno degli usi è far tintinnare i bicchieri tra loro come nei comuni «cin cin» per poi battere il calice sul tavolo prima di bere: perché «Chi no bussa no guzza», ossia «chi non bussa non tromba». Giusto ed evidente, ma chiaramente inutile, perché le derelitte lo fanno sempre e i risultati sono evidenti a tutti… Ma hai visto mai…

A presto con la seconda lezione!

11 commenti:

thecatisonthetable ha detto...

Vorrei aggiungere un paio di cose che mi piacciono da matti (e mi si perdoni anticipatamente se scrivo caxate, visto che non sono indigena)

Te parli toto en ponta
I popi

Noemi ha detto...

Sono appena stata ad un matrimonio tra un veneto ed una trentina.. e alla festa c'è stata un'esilarante battaglia sposo contro sposa a chi dei due sapeva tradurre le espressioni l'uno nel dialetto dell'altro.
Da morir dal ridere..
Soprattutto "vuotare la paletta" che in trentino non mi ricordo più come si diceva.. ma ricordo che era spettacolare!!

Fra ha detto...

Mi sento arricchita ;D
Un bacio
fra

Sara ha detto...

arricchita, anche io! e al proposito vi chiedo: com si dice in Trentino "lucertola"?
Dalle mie parti (Friuli verso il Veneto) ho scoperto Boretola, Birigola e la meravigliosa Biribicola... che mentre lo pronunci sgattaiola sul pavimento liscio agitando convulsamente le zampine...
Ciao!

lindöz ha detto...

Oh, quella della Zorla me la segno.

Francesca Palmas ha detto...

uhauhauhauahuahua!!!! Meravigliose espressioni! Io adoro il vostro dialetto, c'è poco da fare, così diverso dal mio...
P.S.
ora tutti i miei amici bussano prima di bere...mi pare evidente il desiderio di guzzare!

Callista ha detto...

@thecatisonthetable: i popi è giusto... L'altro nel dialetto della città si dice "te parli tut en ponta": e infatti lo metteremo nella prossima lezione! ;-)
@sole d'autunno: mmm... "svoidar la paleta" ci pare banale... Sarà stata qualche espressione diversa. Ci pensiamo!
@fra: ;-)
@Sara: si dice "bisèrdola", con accento sdrucciolo, appunto. Ma la biribicola è ancora meglio!
@lindoz: te ne forniremo altre di più cattive, promesso!
@la coniglia: e abbiamo anche un brindisi nuovo da insegnarti... Preparati!

SunOfYork ha detto...

ehm ehm vorrei dire che anche il barese ehm è una lingua molto delicata, anzi, quasi poetica :))

Sun

Anonimo ha detto...

In trepida attesa della seconda lezione...La prima è stata chiarissima e molto spassosa.
PS Ho dirottato mia figlia, che al momento studia in America, sul vostro sito e si sta facendo grasse risate. Vedi uanto poco ci vuole a "globalizzarsi"?

Baol ha detto...

Qua si copia eh....

:D

Anonimo ha detto...

Lugort