
Ma non vi libererete di noi: torneremo tra una settimana! NON DIMENTICATECIIII...
Baci a tutti,
Cally e Mafy
E anche per la fine di questo assolatissimo luglio, ecco le migliori chiavi di ricerca che hanno portato gli internauti a trovare le derelitte.
Ti messaggio tutto
Sms porno (ecco le esperte, amica)
Kulo (>o<, eccolo…)
Sms d’impatto («Elvis vive», vedrai che successone)
Quando l’amante non risponde ai messaggi (evidentemente sta rispondendo a quelli di qualcun altro)
Poesia che passione
Poesia sulle mutande (ehhh, che poesiona, proprio)
Poesia del raffreddore (ma a che pro, ci chiediamo?)
Poesia dolorosa (quante ne vuoi, stella?)
Le mie poesie (e le cerchi da noi?)
Ettore troia poesia (ANCORAAA?)
Nettuno mi può giudicare
Patrono Nettuno (eccoci, siamo noi quelle…)
Porche di Nettuno (ehhh, no, queste decisamente no…)
Cartoni animati giapponesi
Trame cartoni bionda cane grande cappello (uots?)
Memole dolce mio folletto sono io (ripassare le parole non è una cattiva idea)
Magliette memole dolce memole (mooooolto sexy)
Derelitte, come faccio?
Mi manca (pure a noi, ma che possiamo farci?)
Non vuole più sentirmi (una bella pietra tombale sopra e si gira pagina, su)
Come si fa torno subito su badoo (vediamo, proviamo a sforzarci… Che ci sia un tastino con scritto «torno subito»?)
Perché appare «torno subito» su badoo? (forse perché è riuscita la procedura di cui sopra?)
Creare gonne barbie (basta una cintura, tesoro)
Perché una donna non porta le mutande? (perché ha la cintura del punto precedente)
Schivare alti occhi d’amore (tu sei malato, amico, ma seriamente)
Cerco fortuna (pure noi, se la trovi facci un fischio)
Mafy, chi è il ragazzo del tuo video? (di quale filmino hard, cara?)
Zozzo è bello (ogni commento è superfluo)
Super cazzi
Porche e porcone
Odorare le mutandine
Mia suocera in sottoveste
Casalinghe disperate pompino
Amiche porche
Ah, l’amore, questo folle sentimento…
Innamorata del migliore amico del proprio ragazzo (e qui son cavoli)
Innamorarsi di chi ha la psoriasi (fa più schifo leggerlo che farlo)
La top five
Morale freddo uccello gatto mucca merda .ppt (altissima morale, proprio)
Ormone che fa gonfiare la pancia (seee, facile dare la scusa all’ormone)
Massaggiatrice aveva le mani calde (piuttosto che due calippi)
Fusibili opel adam (sul sito giusto, proprio)
Ho spellato sole (ha spellato pure Lex, si…)
And the winner is…
Il coccodrillo come scopa? (da inserire nella baby dance, assolutamente…)
Dopo due mesi di attesa e un numero imprecisato di preghiere affinché nessun evento collaterale rovinasse anche questo evento (vista la sfiga dell’Heineken Jammin’ Festival), finalmente ecco le derelitte all’arena di Verona per il concerto dei Negramaro. Gioia e ormoni sono tutt’uno.
Arriviamo in largo anticipo e facciamo un giretto in città: shopping selvaggio e piacevole aperitivo con l’amico ingegnere (ciao dottore! Tanto lo sappiamo che ci leggi!) ci conducono direttamente all’ora dell’entrata in arena.
I nostri posti sono in platea a poca distanza dal palco (Giuliano dice «io non sento la distanza», ma noi sì, quindi meglio prevenire). Ovviamente poco prima di sederci ho costretto Mafalda a comprare il gadget della serata, ossia il cerchietto con le ali da mettere in testa, che ti fa uguale all’omino sulla copertina del cd (lo dice Giuliano: «e non mi resta che allacciare un paio d’ali alla mia testa», vorremo mica contraddirlo…): con due attrezzi svolazzanti sulla capoccia sembriamo due quindicenni invasate, ma fa niente.
Aspettiamo con pazienza l’inizio del concerto, snobbando il gruppo spalla con il cantante peggio vestito al mondo. Finalmente le luci si spengono: escono i Negramaro. Ed è il boato, l’arena è in piedi e si balla. Io inizio subito alla grande centrando in pieno con una manata la testa della sciura seduta davanti a me. Ma Giuliano canta la famigerata frase «con la mia testa tra le gambe», noi ce ne freghiamo della signora e ci abbracciamo immaginando le peggiori cose porno.
Dopo due canzoni, il caldo che pesa su Verona invade anche il buon salentino, che si toglie la già striminzita giacca. Rivelando una maglietta che non è una maglietta: è uno straccetto senza maniche, mezzo aperto davanti, color grigio chiaro: aggiungeteci catena al collo, bracciali, bandana al polso. Come ci piace quest'uomo. Dalla fila delle derelitte giunge un mugugno soffocato. Dateci una sigaretta, siamo donne felici.
La frase in dialetto per ringraziare il pubblico ci dà il colpo di grazia. Ci facciamo le coccole tra noi.
Il concerto vola: la signora a cui ho fatto la messa in piega di rivela essere indemoniata più della figlia che canta solo le canzoni famose. È dei nostri e urla «Giuliano sei fantastico, te lo dice una mamma!». Noi aggiungiamo «E pure le derelitte te lo diconooo» e la signora ci scatta una foto ricordo. Sono soddisfazioni.
Momento di estasi quando l’uomo seminudo canta da solo sul palco, suonando il pianoforte o la chitarra: che voce, che voce, che voce. Quando poi decide di sollevare la maglietta per mostrare «questa mia brutta pelle così sporca», Mafalda non ce la fa più e urla: «DIO com’è figo quell’uomooooo». Ovazione della fila davanti e dietro. Seconda foto della signora.
Le unghie affondano nella carne alla canzone «Via le mani dagli occhi», quando Giulianone dice «se poi mi tocchi i pensieri» posando la mano sui preziosi gioielli di famiglia. Pensa un po’ basso, il ragazzo… Ma pensa un gran bene, probabilmente.
Al «non puoi leccarmi tutte le ferite», ci proponiamo di leccare altro, ma nessuno raccoglie, purtroppo.
Il concerto, dopo due ore e mezza di delirio, finisce: vorremmo piangere per la tristezza, ma siamo completamente disidratate. Usciamo quindi a rifocillarci di liquidi, perché a forza di saltare siamo avvizzite come due prugne secche.
Che dire? Tutto magnifico, splendida atmosfera, bellissimo Giuliano, così sexy, svestito, sudato e profumato sulla fiducia: qualcuno dice che abbia anche cantato, ma noi non ce ne siamo mica accorte.
E non finisce mica qui: perché Callista, domani, va a vedere i Pooh… Si salvi chi può.
Domenica assolata, ieri: per combattere l’afa, le derelitte hanno deciso di trascorrere un paio d’ore in piscina.
Il buongiorno si vede dal mattino, con Mafalda che prende a stomaco vuoto l’integratore vitaminico per rinforzare la pelle (siamo bionde, ci viene l’eritema a guardarci, quindi meglio prevenire…). Ma il perfido capsulone è assolutamente inidigeribile senza un pasto completo: ecco quindi che la vostra derelitta ha vomitato tutto, dopo mezz’ora di tentata digestione. Il coccodrillo bianco delle fogne di New York, probabilmente, ha preso un sacco di tintarella, grazie alla Mafy…
Soppresso l’essere immondo nello stomaco, lei è tornata felice e operativa, ma è iniziato il dramma del mio costume da bagno. Perché in un attacco di ottimismo mi sono comprata in saldo un costume splendido, almeno in negozio. Bianco, con lo slip a righine rosse e verdi e il reggiseno con delle fettine di anguria. Lì per lì non ho pensato al tragico doppiosenso di girare con dei cocomeri sulle zinne, ma l'orrendo abbinamento mi è saltato agli occhi appena mi sono guardata allo specchio. Dialogo:
C: Mafy, non posso mettere ‘sto costume…
M: Ma se ti sta benissimo!
C: Ho delle angurie sulle tette: dei cocomeri. Non so se mi spiego. Mi faranno tutti delle battute atroci.
M: Se non te lo metti subito, te lo strizzo attorno al collo.
E così sono uscita di casa, timorosa, con dei cocomeri sparpagliati dovunque. Per fortuna i trentini sono discreti. In Salento non lo porto. Assolutamente.
Arriviamo in piscina, e la Mafy si impiglia con la gonna nel tornello di ingresso, mostrando una chiappa a tutti i successivi avventori. Io sono davanti a lei, e sento solo questo: «STONF… Ahi, Cally, aspetta, la gonna…». Ovazione dalla curva sud e successiva liberazione, con immediato slittone sulle piastrelle umide di entrambe le derelitte, assolutamente coordinate. Se dobbiamo cadere, almeno insieme.
Troviamo posto tra i bagnini e una gioiosa famigliola: il bambino, trenta secondi dopo la nostra sistemazione, spalma il contenuto del suo pannolino su tutte le piastrelle. Decidiamo di andare in acqua per evitare il riproporsi anche della prima comunione. Mafalda constata la presenza di un livido enorme sulla schiena di Callista: si sprecano le battutine, che non fanno altro che ricordarmi quanto sia desolante la mia vita sessuale.
Ma arriva la nuvola di Fantozzi: così ci piazziamo al bar e beviamo una cosa buonissima, fatta di crema di caffè e cioccolato. Calorie pervenute solo dopo l’annientamento della tazzina: rischiamo l’infarto e ci ributtiamo al sole, per quello che dura. Poi ce ne torniamo verso casa, non senza aver ripetuto lo scivolone a bordo vasca, stavolta in rapida successione:
C: Slittttt…
M: Occhioooo!
C: Cazzo, maledette piastrelle! Roba da lasciarci la schiena.
M: Ma basta stare attenti, eh… Slitttt…
C: Toh, senti chi parla…
La serata finisce in campagna, dai genitori della Mafy, dove ci strafoghiamo di pomodori ripieni e balliamo la bachata, fingendo di essere al mare. Ognuno si arrangia come può.
Ma stasera Giulianone all’Arena di Verona non ce lo toglie nessuno! Ormoni, armatevi!
In preparazione al lungo week-end di follie in cui noi derelitte abbiamo in programma di divertirci un sacco (e in cui probabilmente ci ritroveremo sul divano a sfondarci di anguria), siamo andate a lavare la dere-machine, ossia la cabrio della Mafy.
Parcheggiamo la macchina nel posto indicato dal cartello: ma il gestore salta fuori come un puma e decide che l'auto è storta (ci sono le righe, stella, se vuoi fare l’uomo di turno trova un’altra scusa). "Ci penso io ragazze..." e ci chiede le chiavi, finge di sistemarla, toglie l’antenna e fa partire il lavaggio, guardandoci con l'occhio cùpido di chi si trova di fronte due agnellini sacrificali. Biondi e pure impediti, in quanto appartenenti alla razza "donna". Io e la Mafy scuotiamo la testa di fronte a tanta esibizione di testosterone: salvatore di due fanciulle in difficoltà, o sommo che hai spostato la macchina di ben venti centimetri, grazie. Come avremmo fatto senza di te? Ma vaffanculo, va...
Dopo l’accurato lavaggio, ci spostiamo all’aspirapolvere self service. Mentre la Mafy toglie i tappeti, io inizio a aspirare. E fin qui, tutto bene, direte voi… No, perché due che vanno all’autolavaggio non dovrebbero essere vestite come noi: sembravamo l’incarnazione dei peggiori film erotici.
Abbigliamento Mafalda: gonna nera al ginocchio, top bianco, tacchi a spillo. La piccola maestra dominatrice.
Abbigliamento Callista: shorts bianchi, canotta cacao, tacchi medi, coda alla nazista. Lolita perversa.
Ma noi mica ci abbiamo pensato, noooo: mentre io aspiravo in posizione "pi greco mezzi", con gamba appoggiata sul sedile e l’altra fuori, la Mafy, con la porno scollatura, stava lucidando i vetri. Felici e garrule. Fino a quando non mi sono girata per riporre il bocchettone dell’aspiratore. A quel punto ho notato che c’era un camion gigantesco, fermo, che aspettava il rifornimento, e ho incrociato lo sguardo del guidatore: che ci ha regalato un sorriso da orecchio a orecchio e ha iniziato ad applaudire.
Io ho fatto qualche passo indietro, sorridendo e salutando con la mano. Mafalda hafatto lo stesso e ha messo in moto. La nostra colossale figura di merda per il week-end l'abbiamo rimediata. Per la prossima, ci si sente lunedì.
Derelitte in libera uscita: approfittando del caldo, le vostre beniamine virtuali Callista e Mafalda hanno partecipato al rito collettivo del mercoledì trentino, ossia la serata a Palazzo delle Albere. Per i non trentini: prendete un giardino di grandi dimensioni in una villa cinquecentesca adibita a museo. Metteteci un palco per musica live, un dj set, tante lanterne di carta appese a fili tesi, un lunghissimo bancone bar. Metteteci milioni di zanzare e simili bestie assetate di sangue e almeno il doppio di giovini in cerca di divertimento. Ecco a voi la descrizione del mercoledì da leoni che accompagna l’estate nella nostra ridente città.
Dopo due ore di permanenza, sentite cosa abbiamo scoperto.
Per il resto, è stata proprio una bella serata…
Cari fratelli e care sorelle, bentornati all’angolo delle ricette di Suor Derelitta. Oggi, sempre sull'onda del revival di luglio, ecco un’idea per un pranzo rapido, fresco e digeribilissimo.
Ingredienti
Preparazione
Prendete Callista e mettetele in mano il cellulare che squilla: nome sul display? «Er bistecca». Fatele azzerare la salivazione per l’agitazione e fatele rispondere. Mettete dall’altra parte l’uomo sexy ecc. ecc. che ride e dice cose carine. Ma l’ora è tarda (le due, roba che noi trentini siamo già alla merenda), e l’uomo deve andare a pranzo.
E.B.: Ahò, c’ho da annà a magnà… Che, me chiami dopo te?
C: Certo, che mangi di buono?
E.B.: Ah, ‘na cosa leggera… Mozzarella di bufala co’ la lugannnnega. Hai visto? Te l’ho detta come si dice da voi… Ho imparato pure l’altra cosa, lì, i canedèrli… Come cazzo se chiamano?
C: A parte il fatto che si dice «lugànega» e «canéderli»… Ma poi, come cavolo fai a mangiare la bufala con la lucanica?
E.B.: Perché? È bona e leggera…
C (pensando «Oddio che orrore di abbinamento», ma siccome la derelittaggine è a livelli eccelsi non dice niente): Ah, certo, certo… Poi è fresca, giusto, fa caldo. Con un filetto d’olio…
M: Eh sì, eh… Vabbò, daje, ce sentiamo dopo, cià cià, piccolè…
Click.
A quel punto prendete Callista e fatele battere la tempia su uno spigolo, al ricordo di quanto si era preoccupata per il menù della cena preparata poco tempo prima e con tanto amore all'uomo di cui sopra.
Tempo di preparazione: 20 secondi. Basta tirare tutto fuori dal frigo e sbatterlo come capita nel piatto.
VIno consigliato: uno a caso, tanto, peggio di così...
Calorie: non pervenute, ma comunque troppe per qualunque essere umano.
Buon appetito e a presto, col revival delle meraviglie e con le ricette di Suor Derelitta.
Quanto sei bella bbbionda, quando è notte
Anche perché de giorno t’ho vista ‘na voltaaaa
Però en costume me piacevi assai
Quanto sei bona bbbionda… che c’hai du’ bocce!
Sei sempre in giro con la tua amichetta
Che s’è trombata Lex, la maledetta!
Poraccio Ale*… c’è stato male…
Se la voleva fa’… nun c’è riuscito…
Che rimbambito…
E mo’ me sembra che… me vieni a trova’ a Roma tu…
E io te mollo sotto er Colosseo
E io te butto giù dar Cuppoloneeeeee…
Hai rotto er cazzo, non puoi levarti?
Vabbè, te do du’ colpi, e poi riparti…
A bbbionda infame…
Te vengo a pija’ ar treno co’ l’alfetta
Te faccio canta’ tutti gli stornelli
Ammazza, bionda, quanto so’ belli…
Te porto en camporella all’Aventino…
Me fai en pompino???
Cazzo, me sembra che… qualcuno me sorpassa, ahòòò?
È uno mascherato, pare Zoroooooo
Ecco, non ho più er vetro der lunottooooo
Com’è successo? Chi me l’ha rotto?
C’è un sasso con la scritta “ciao da Trento”
N’avvertimentooo…
Devo sta’ attento…
(*Ale è l’animatore siculo che prendeva il sole in perizoma, per questo soprannominato il siNculo, che ha tentato più volte di rimorchiarsi Mafalda, fallendo miseramente)
Ormai il flirt tra Pinocchio e Mafalda è conclamato: il gomitolo di muscoli ha estorto il numero di cellulare alla mia amichetta e da qualche giorno è un lento stillicidio di sms. Inquietanti. Perché l’uomo trasgressivo che si butta col paracadute anche solo per andare a prendere la macchina, quando scrive a Mafalda miagola. Fortunatamente lui non sa che io so: altrimenti credo che non mi guarderebbe più in faccia.
Comunque sia, e ormai lo avrete capito anche voi, ultimamente il mio passatempo preferito è prendere il giro la Mafy per la cotta clamorosa che il povero Pinocchio si è preso (ok, lo ammetto, la mia vita è triste, e allora?). Tanto per cominciare, canticchio in continuazione la canzoncina di Elio, «Burattino senza fichi», da cui ho estratto il titolo del post. Per chi non la conoscesse, parla di Pinocchio che si fa costruire da Geppetto un «legnetto novità». A voi immaginare quale. Ma frasi come «Se si china la fata turchina, sento una forza dentro che neanch’io so cos’è» o «Nel paese dei balocchi godo fama indiscussa di play boy» riempiono il mio derelitto cuore di ilare gioia. E le palle della Mafy di odio assassino. Perchè lei, stoicamente, resiste. E io infierisco.
Per rendervi conto meglio di quello che la mia amichetta è costretta a sopportare, eccovi un estratto di dialogo, realmente accaduto.
M: Mi ha scritto Pinocchio…
C: FAMMI LEGGEREEEE!
M: Mmm…Toh.
C: «Eh si, dolce donna, devo assolutamente dirtelo: mi piaci e non riesco a non pensarti».
M: …
C: Oddio, ma che carinoooooooooo!
M: Si, anche troppo. E adesso?
C: E adesso gli rispondi.
M: Cosa gli rispondo? Prendo atto?
C: L’opzione «Elvis vive» è sempre attuale, eh…
M: Dai, amica del menga, aiutami.
C: Ma che ne so, scrivigli «buonanotte».
M: Che è lo stesso di «prendo atto». Vabbè, dai, gli scrivo quello. Come posso chiamarlo? Mi ha scritto «dolce donna». Se gli scrivo Mister Pinocchio pare brutto?
C: Chiamalo «Mister Muscolo», come quello che stura i cessi…
M: Sei proprio carina, eh… Che amica!
C: Figurati, per te questo ed altro! «Se mi vedesse Lucignolooo quanto da fare mi doooooo…»
Ah, grande rivoluzione nella vita sessuale della sottoscritta Callista: ieri ho passato la notte abbracciata… Come? Volete i particolari? Eccoli: abbracciata sì, ma alla tazza del cesso, dove ho abbandonato anche l’anima. Maledizione al virus gastrointestinale porco bastardo (ve l’ho detto, io, che non è un periodo particolarmente fortunato).
Tutto è iniziato in tarda serata, mentre stavo chiacchierando su msn con qualche amico. Brivido di freddo (io? Che sono atermica?), dolorino diffuso, pelle d’oca, brividi, stomaco sottosopra. Ma non potevo abbandonare il pc, perché il capovillaggio tunisino mi stava informando delle ultime peripezie del mio arciere, a quanto pare si è perso dietro una gonnella e viene per questo cazziato in continuazione (e qui si spiega la lenta flessione dei suoi sms nell’ultima settimana, in cui il massimo della carineria è stato il messaggio Ramsete, dove le parole erano lettere scritte a casaccio e che mi ha fatto andare in crisi da interpretazione). Io ho finto la massima indifferenza, anzi, ci ho pure riso sopra («Ah ah ah, ma sì, sono ragazzi giovani, questa se ne andrà e ne arriverà un’altra») e ho ingoiato il sorso di bile che mi è arrivato in bocca. Brutto maiale porco, mi scrivi le cose carine e poi corri dietro alle altre? Oddio, non che io faccia diversamente, ma sapete la regola, no? Io può, lui non può.
Comunque sia, ho brindato alla splendida notizia con un bicchierino di Biochetasi e me ne sono dignitosamente andata verso il letto, maledendo il mio ex cupido. Tempo 30 secondi e una forza irresistibile mi ha trascinato verso il gabinetto: attrazione fatale. L’arciere mi sostituisce con una sciacquetta inutile e io mi consolo con un sanitario in ceramica. Uno a uno, palla al centro.
Morale della favola: sono stesa dall’influenza a metà luglio. Compagni di avventura: una camomilla bollente e la coperta di pile con la carica dei 101 disegnata sopra. Mi sembra di essere passata sotto uno schiacciasassi.
Se volete maledire per me il pianeta o chiunque altro compaia in questo post (esclusa la sottoscritta, please, che ne ha già abbastanza di suo) sarete ricompensati. Per tutti gli altri, germi a volontà.
Sabato sera da derelitte: dopo una giornata di sole in piscina, io e la Mafy siamo stese sui rispettivi divani a fare zapping. Alle nove e venti, quando l’ultimo messaggio di una delle due recita: «Io adesso vado a dormire, fanculo alla mia vita sociale», la serata prende una piega inaspettata: su Rai uno fanno «Dirty dancing»! Splendido: il sabato sera acquista subito senso. Dopo circa mezz’ora di visione, ecco la stragrande verità che si svela sotto i nostri occhi: Baby, la protagonista, è l’antenata delle derelitte. La sua storia è inquietantemente simile alla nostra.
C’è una cosa che separa le due storie, però… Che il film finisce bene. Ma solo perché è stato fermato in tempo: scommettiamo che anche Johnny, appena finiti i titoli di coda, ha inziato a fare culo?
Dicono che da settembre la situazione per i nati sotto il segno dello scorpione, come la sottoscritta, migliorerà sensibilmente. Speriamo. Anche perché peggio di così credo sia impossibile. Nella mia congiuntura astrale gravitano il pianeta porco bastardo e tutti i suoi fratelli: il pianeta stronzo cornuto, quello schifoso maledetto e pure quello sfigato nero impestato. Ve ne do la dimostrazione.
Domenica sera: esco finalmente con LUI. Niente di impegnativo, ma dopo gli ultimi mesi di culissimo spinto, anche una pizza va benissimo. Basta vedere i suoi occhi belli.
Mangiamo, facciamo una passeggiata mentre LUI lecca un gelato (e io lo guardo, sognando di essere quel gelato) e alla fine ci rimettiamo in macchina per rientrare. Mi faccio riaccompagnare, ma il piazzale per entrare sotto il casa mia è occupato da un camioncino, quindi LUI si ferma a lato della strada, giusto il tempo di un bacio.Mi guarda, si avvicina e poggia la sua bella bocca sulla mia (ahhhhh…). Una volta, due volte, «Cally, ascolta, volevo chiederti…», e io sento le campane… Din don! Dlinnn dlonnnn… Ma cavolo, le sento veramente? No, non sono le campane: è un campanello di una bicicletta.
Ci giriamo infastiditi e vediamo un signore che inforca uno scassatissimo velocipede e sorpassa la macchina di LUI urlando: «No gh’era altri posti endò parchegiar? Sacramento…».
L’ira mi sale prepotente al cervello. Se avessi avuto un fucile a canne mozze, credo che l’avrei usato. Forse bastava aprire la portiera al momento giusto, ma non ci abbiamo pensato. Brutto emissario del pianeta porco bastardo, ma io ti ammazzo. Non vedo LUI da secoli e tu mi scampanelli mentre mi sta baciando e chiedendo qualcosa? Magari di passare tutta la vita insieme?
Ovviamente non ho resistito: ho abbassato il finestrino e gli ho urlato: «Un attimo, mi sta salutandooooo». LUI, più raffinato, è sceso dalla macchina, allargando le braccia minaccioso e dicendo: «Madonna, che fastidio, eh?». Siii, picchialo, picchialo, questo guastatore di momenti romantici. Ma niente. Il vecchio ha pedalato più veloce. E LUI si è dimenticato cosa stava per chiedermi. Il mio sogno di un anello al dito, una borsa costosa e un passeggino con dentro due gemelli è sfumato miseramente al suono di una scampanellata. Manco le trombe dell’Apocalisse.
A quel punto io sono salita a casa e LUI ha preso la via del rientro. Per mandarmi un messaggio trenta secondi dopo: «Ho beccato il vecchio e gli ho suonato perché era in mezzo alla strada, sperando cadesse…».